Mantova, la Filctem Cgil: smart working e sicurezza sono i nodi del dopo emergenza
MANTOVA. «Con il 1° aprile inizia la vera fase due della pandemia che impone una nuova organizzazione del lavoro a partire dallo smart working e una nuova fase di gestione della sicurezza». Ed è da qui, da due nodi che non possono rimanere irrisolti, che il mondo del lavoro deve partire per preparasi alla fine dello stato d’emergenza , come emerge da questa intervista sul “dopo 31 marzo” rilasciata alla Gazzetta dal segretario generale della Filctem Cgil Michele Orezzi.
Partiamo dallo smart working del dopo-emergenza: è dal 2020 che lei e la Filctem siete in campo per una contrattazione collettiva che porti ad accordi azienda per azienda....
«Con il 31 marzo termina anche la deroga emergenziale che consente ai datori di lavoro di adottare unilateralmente lo smart working senza accordi individuali con i dipendenti interessati, così come invece previsto dalla legge 81/2017. Il rischio è di un brusco ritorno alla gestione pre-Covid senza che nelle aziende si sia arrivati a fissare paletti, regole e diritti generali per uno strumento destinato a diventare parte integrante di molte attività. Con il picco di Omicron e la circolare dei ministri Brunetta e Orlando arrivata sotto le feste di Natale lo smart working è stato ulteriormente incentivato, ma dal 31 marzo cambia tutto».
Da dove partire?
«Occorre iniziare a ragionare sulla trasformazione strutturale di un pezzo del mondo del lavoro e si parte dal protocollo sullo smart working nel settore privato varato il 7 dicembre scorso da governo e parti sociali che valorizza la contrattazione collettiva. È il capostipite per arrivare ad accordi aziendali che vanno però contrattati per tempo. Lo diciamo ormai da quasi due anni e ora ci siamo. Ed è quanto come sindacato stiamo facendo da tempo con gli accordi siglati a livello nazionale in Eni ed Enel e con quelli locali come in Tea o come quello che puntiamo a raggiungere in Corneliani dove apriremo un tavolo di trattativa. Accordi che fissino regole, obiettivi e preservino diritti. Il lavoro agile rappresenta un pezzo di presente e futuro del mondo del lavoro, ma le condizioni in cui avviene fanno la vera differenza sulla sua qualità. Servono accordi specifici a tutela dei lavoratori partendo da ciò che è andato e ciò che non è andato secondo loro in questi due anni. Per questo l’appello ai lavoratori è quello di organizzarsi per contrattare con le aziende accordi collettivi, per fare massa critica insieme al sindacato».
Il 31 marzo vedrà comunque il rientro di molti lavoratori in presenza e questo si lega a un altro nodo: la gestione della sicurezza nel dopo emergenza...
«Il fatto è che con il 31 marzo non finisce la pandemia ma solo lo stato d’emergenza. I contagi sono in calo ma non sono spariti e serve prudenza. I comitati Covid creati nelle aziende vanno riconvocati rinnovando per il momento tutte le norme di sicurezza già stabilite e aprendo la discussione su possibili cambiamenti da apportare se e quando la situazione migliorerà. Non bisogna abbassare la guardia dalle buone pratiche che hanno consentito in questi anni alle aziende di rimanere aperte e in sicurezza. In diverse fabbriche abbiamo già rinnovato i protocolli per la sicurezza anti contagi e calendarizzato nuovi incontri per la prossima primavera per fare il punto sulla situazione sui contagi e capire se e come aggiornare i protocolli. Insomma il pericolo varianti esiste ancora e la situazione pandemica va ancora gestita nei singoli luoghi di lavoro».
Con il Green Pass senza scadenza non si rischia un calo di attenzione?
«È un errore dire che il Green Pass diventa a tempo indeterminato: ha una validità indefinita, è una cosa completamente diversa. Dire che è a tempo indeterminato rischia sì di portare ad abbassare la guardia».