Morgia: «Il Mantova per arrivare in alto deve trovar continuità a livello tecnico»
MANTOVA. «Il male del Mantova è il male del calcio italiano, la mancanza di continuità tecnica». Le parole sono dell’ex mister biancorosso Massimo Morgia e si riferiscono a quanto accade in casa Acm. Se Maurizio Lauro, come pare probabile, non verrà confermato, sulla panchina del Mantova arriverà infatti il settimo allenatore dei quattro anni della gestione Setti. Un numero che da solo basta a fotografare la difficoltà avuta finora in casa biancorossa a costruire un progetto tecnico solido. I motivi che hanno portato all’avvicendarsi sulla panchina dell’Acm di Morgia, Brando, della coppia Garzon-Cuffa, di Troise, Lauro e Galderisi, seguito da un Lauro-bis e probabilmente da un nuovo mister sono davvero tanti.
E proprio alla prima “vittima” del turnover tecnico, Massimo Morgia, abbiamo chiesto di analizzare il problema: «Io credo che basti rileggere la storia - attacca il mister, reduce da un’esperienza in D col Trapani -. Quand’è l’ultima volta che il Mantova è arrivato in alto? Con la presidenza Lori, che garantì un ciclo tecnico con lo stesso allenatore (Di Carlo, ndr) e lo stesso ds (Magalini, ndr) per diversi anni. È dando continuità che si riesce a costruire e il discorso non vale certo soltanto per il Mantova. In Italia ormai, soprattutto a livelli inferiori (perché ai vertici della A mandar via un tecnico costa fior di milioni), le cose vanno così. Alla minima difficoltà paga l’allenatore e questo fornisce alibi a tutti: alle società, ai direttori e soprattutto ai calciatori; a volte anche ai tifosi. Il tecnico non può essere una figura marginale, è quello che incide di più, perché è a contatto con i giocatori quotidianamente e prende tutte le decisioni a livello tecnico-tattico e di gruppo. Se lo si cambia ogni volta, non si creano una mentalità e un’appartenenza tecnica, non si costruisce una rosa passo dopo passo. Ovviamente i presidenti sono quelli che investono e dunque hanno il diritto di fare tutto ciò che ritengono giusto, ma dal mio punto di vista gli allenatori andrebbero scelti con grande cura e poi difesi dando loro massima fiducia nel tempo».
Morgia non nasconde che anche il suo addio al Mantova nel 2019 lo fece soffrire: «Non vincemmo il campionato e la società decise di cambiare. Io ne presi atto senza drammi ma credo che sugli 83 punti fatti in 34 partite e sul feeling creato con la piazza riportando tanta gente allo stadio si potesse provare a costruire qualcosa di bello. Per quanto riguarda i miei successori, non posso esprimermi su Brando e Troise, mentre posso dire che quest’anno mi è dispiaciuto molto sia per Lauro e sia per Galderisi, che conosco e ritengo persone stimabili. Uno è stato mio giocatore, l’altro è un gran signore del calcio».
«Mantova è una piazza bellissima, che meriterebbe altri campionati - aggiunge Morgia -. Soprattutto la tifoseria è straordinaria, incontaminata nel senso che ricorda gli anni ’70-’80, quando allo stadio andavano ancora famiglie, bambini e persone con passione genuina. Ai tifosi auguro che arrivino grandi soddisfazioni. Io? Vorrei tanto - conclude - lavorare come direttore tecnico di un vivaio importante, fare l’allenatore degli allenatori per trasmettere le mie conoscenze e “costruire” non soltanto giocatori ma anche tecnici».