Allarme gioco d’azzardo patologico: ne sono schiavi 5mila mantovani
Perlopiù maschio, età media sulla cinquantina, titolo di studio medio basso e nella metà dei casi senza un’occupazione. Sono 77 i mantovani in trattamento per gioco d’azzardo patologico seguiti dal Serd, il Servizio dipendenze di Asst, nel corso del 2021. In cura per ludopatia, una forma di schiavitù che trasforma il gioco da piacere a bisogno compulsivo e incontrollabile.
Di questi, 62 sono maschi e 15 femmine. L’età media dei soggetti è 49 anni (56 per le donne e 47 per gli uomini). Per un maschio è quattro volte più probabile diventare un giocatore patologico rispetto a una femmina. Gli uomini, inoltre, iniziano a giocare prima delle donne tra i 22 e i 44 anni, mentre le femmine hanno un approccio al gioco in età più avanzata, intorno ai 45 anni.
Oltre ai dati sulla differenza di genere i soggetti interessati al problema hanno prevalentemente un titolo di studio medio-basso e solo la metà risulta occupato. Significativa è la quota dei non attivi, pensionati e disoccupati. Tutto ciò lascia intendere che alla base dell’avvicinamento al gioco d’azzardo ci sia anche il troppo tempo libero.
Questo l’identikit dei mantovani a cui è stato diagnosticato il Gap (Gioco d’azzardo patologico) e che si sono sottoposti a terapia. Ma in provincia di Mantova si stima che siano almeno cinquemila coloro che soffrono di disturbi legati al gioco d’azzardo (giocatori patologici), più altri diecimila, definiti giocatori problematici, che rischiano di essere risucchiati dalla patologia. A questo punto che cosa fare per contrastare il fenomeno?
Venerdì 18 novembre, alle 9, al Mamu di largo Pradella, si terrà il convegno “La programmazione territoriale di contrasto al Gap: risultati e prospettive”, promosso dall’Ats Val Padana. L’appuntamento è l’occasione per tracciare un bilancio dei tre anni di attuazione del piano locale Gap. Il convegno sarà introdotto dal direttore sociosanitario di Ats, Carolina Maffezzoni. Seguiranno le relazioni di esperti del settore.
«Il piano Gap dell’ Ats sostiene diverse finalità, sia preventive che di cura e trattamento - sottolinea Katja Avanzini, dirigente Ats della struttura Integrazione delle Reti territoriali a sostegno dei Programmi nazionali - in diversi territori si stanno promuovendo alleanze tra servizi, agenzie educative ed enti del terzo settore per sostenere una piena conoscenza del fenomeno e per promuovere azioni di contrasto».
«Nonostante il gioco caratterizzi la nostra vita fin dall’infanzia, svolgendo importanti funzioni per la crescita personale - spiega Laura Rubagotti, dirigente Ats della promozione della salute e prevenzione fattori di rischio - può assumere derive pericolose e devastanti, anche da un punto di vista economico, per la persona e per la sua famiglia quando diventa gioco d’azzardo patologico. Proprio per questo è importante puntare alla formazione e su programmi preventivi efficaci, da rivolgere ai giovani, ai soggetti più vulnerabili e all’intera comunità, per promuovere una cultura del gioco sano».
L’Ats da anni promuove interventi preventivi di contrasto al gioco d’azzardo da realizzare, in stretta sinergia con le reti provinciali delle scuole che promuovono salute e gli uffici scolastici territoriali, già nei primi anni della scuola. Le modalità di iscrizione sono pubblicate sul sito www.ats-valpadana.it nella sezione Ultime Notizie.
La psicologa: «Non è un vizio ma una vera dipendenza»
Quando il gioco d'azzardo diventa patologico? In questi casi si parla di ludopatia, ovvero quando il piacere del gioco diventa un incontrollabile impulso che degenera in una serie di problematiche che incidono non solo sulla salute psicofisica del soggetto giocatore, ma anche sulla sua vita familiare, sociale e lavorativa. «Il disturbo da gioco d’azzardo - spiega Amelia Anghinoni, dirigente psicologa della struttura salute mentale e dipendenze di Ats Val Padana - è una vera e propria dipendenza poiché, come dimostrato dagli studi, il gioco d’azzardo patologico dal punto di vista neurobiologico presenta diverse analogie con le dipendenze da sostanze stupefacenti: parliamo quindi di una patologia, non di un vizio. L’attività dei servizi specialistici (dipendenze e multidisciplinare integrato), oltre a garantire la cura, mira a consolidare il raccordo con la rete territoriale dei servizi e con i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta, sentinelle del territorio, per favorire l’intercettazione precoce dei segnali di fragilità legati anche alle nuove dipendenze».