Rimpatriata di ex Dc per Casini: memorie della politica che fu
Sandro Mortari
C’era una volta la politica. E ce n’era tanta ieri, in una sala degli Stemmi gremita, alla presentazione dell’omonimo libro di Pier Ferdinando Casini, «l’ultimo democristiano» come si è definito nel sottotitolo. «Che non ho voluto io ma l’editore perché secondo lui avrebbe suscitato più interesse – ha precisato – la Dc è morta ma sono vivi molti democristiani». E di ex Dc ce n’erano tanti per una rimpatriata con uno dei simboli della Balena bianca, in parlamento dal 1983 e ben voluto da tutti. Dei vecchi protagonisti della politica mantovana nelle fila democristiane c’erano tra gli altri Iridile, Fontanili, Arioli, Anghinoni, Ottolini e Madella; tra i più giovani Lomellini e Bottani, il presidente della Provincia che con il sindaco Palazzi ha fatto gli onori di casa. Tutti lì per ascoltare Casini e Bruno Tabacci e ricordare come si faceva politica una volta in grandi partiti e con grandi maestri. Sollecitato dalle domande della scrittrice Edgarda Ferri e del giornalista Fabrizio Binacchi e dell’ex ministro di Italia Viva Elena Bonetti, Casini ha spiegato di aver scritto il libro «per ridare l’onore a chi ha dedicato la sua vita alla politica e si è trovato a fare i conti con l’antipolitica. Di tutti partiti». Tanti gli aneddoti e i ricordi personali che hanno avuto come protagonisti i giganti della politica di una volta, da Andreotti a Rumor, da Fanfani a Donat Cattin. Ma come si fa a «ritornare ai venti mesi di alta politica vissuta con Draghi» ha chiesto Bonetti. «Il futuro è nelle nostre mani – la risposta di Casini – perché oggi non ci sono rendite di posizione ed elettorati intangibili. C’è una grande prateria nel mondo moderato ma deve esserci una risposta convincente». Ferri ha sollecitato il senatore bolognese sul lato umano: «Lei è troppo buono e preferisce i politici che si commuovono e Andreotti non le era simpatico...». «Non riesco a parlare male di nessuno – la risposta –, preferisco tenermi le energie per altro». E ha confessato: «Non ho la vocazione dell’uomo di governo perché so di non avere la verità in tasca». Chi l’ha commosso è stato l’intervento di Tabacci, appassionato nel ricordare «il confronto politico che c’era nel dopoguerra nei grandi partiti dove c’era una selezione della classe dirigente così accurata che non era possibile arrivare in parlamento per caso». E poi c’era la passione politica «a spingerci a trovare un accordo tra di noi, mentre oggi l’improvvisazione ha preso il sopravvento sull’impegno e il qualunquismo, la cui logica non è quella di servire il paese, si diffonde». Prima della presentazione del libro Casini aveva visitato la Casa del Sole. Lo aveva fatto circa quarant’anni fa anche Fanfani: «Una bellissima coincidenza» ricordata da Binacchi.