Medico di Rivarolo Mantovano torna a Tel Aviv dalla famiglia
I piedi nel paese di nascita, Rivarolo Mantovano. La testa e il cuore in Israele. È la condizione che sta vivendo un giovane medico mantovano che da quattro anni vive con la moglie e i figli piccoli vicino a Tel Aviv. Tornato per qualche giorno a casa in Italia insieme al figlio maggiore, la guerra l’ha diviso per settimane dall’altra metà della famiglia, rimasta in Medio Oriente. Ora ha in tasca un biglietto aereo che, mercoledì, gli permetterà di tornare in Israele, nonostante la paura sia tanta.
Lorenzo Fertonani conosce Adva, ragazza israeliana, mentre entrambi studiano medicina a Bologna. Si innamorano, si sposano e quattro anni fa anni si trasferiscono nel paese d’origine di lei a Rishon LeZion, cittadina a pochi chilometri da Tel Aviv. Oggi i due hanno 33 e 31 anni, un figlio di 3 e una bambina di uno e mezzo. Il 7 ottobre, quando Hamas attacca Israele, Lorenzo è a Mantova. Ha approfittato della festività ebraica del Sukkot per passare qualche giorno con la famiglia d’origine e partecipare a un matrimonio. Con lui c’è il figlio Lavie. Adva e la piccola Heleni, invece, sono in vacanza sul Mar Rosso, dove restano bloccate per alcuni giorni perché il tragitto di ritorno passa vicino a Gaza.
«Sarei dovuto tornare il giorno dopo il massacro - racconta Fertonani - Mia moglie è stata la prima a chiedermi di prendere tempo. Ora ho deciso di rientrare e il 1° novembre prenderemo il volo da Malpensa; in questo periodo volano solo le compagnie israeliane. In un primo momento ho pensato di lasciare mio figlio in Italia e tornare da solo. Non è una decisione facile. La preoccupazione è tanta, ma in Israele abbiamo la nostra vita e, per il momento, la situazione nella zona di Tel Aviv è gestibile». Normalità è una parola grossa, ma la vita va avanti anche in guerra. «Continueremo a lavorare - prosegue - Mia moglie è un medico di base e io lavoro nel servizio di igiene e sanità pubblica, l’equivalente dell’Ats. Al mio rientro avrò anche il compito di effettuare il riconoscimento da Dna dei corpi; i miei colleghi sono già al lavoro su questo. Il pensiero mi fa stare male, ma è il mio dovere di medico». In più c’è l’università. Sia Lorenzo che Adva stanno facendo la specialità a Tel Aviv; le lezioni però, al momento sono rimandate.
«Se la situazione dovesse precipitare siamo pronti a venire in Italia - dice il giovane medico - Mia moglie ha già il passaporto italiano e i bambini la doppia cittadinanza. Per ora, anche se la paura c’è, continuiamo la nostra vita». Una vita fatta anche di missili, sirene e bunker. «Quando arriva il suono della sirena abbiamo 90 secondi di tempo per prendere i bambini, correre giù dalle scale e chiuderci nel rifugio che abbiamo in casa. - racconta - L’abbiamo già vissuto tante volte in questi anni. Però non ci si abitua mai».