Uccise la fidanzata, per il perito era lucido

PAVIA

Il 28enne Alessio Nigro era lucido quando, nella notte tra il 12 e il 13 febbraio, strangolò la convivente Lidia Peschechera, 49 anni, nell’abitazione di lei in via Depretis a Pavia, al Ticinello. È la conclusione della bozza di perizia inviata in procura e ai legali dallo psichiatra Pietro Caronna, il perito nominato dal giudice Pasquale Villani per esaminare la capacità di intendere e volere del 28enne originario di Casaletto Lodigiano. Secondo il consulente, la condizione di alcolismo cronico del giovane, che aveva confessato di avere commesso il delitto spiegando di non essere lucido perché aveva la mente offuscata dal troppo bere, non avrebbe condizionato la sua capacità di agire nel giusto. E così neppure il disturbo borderline di personalità di cui il giovane a quanto pare soffriva e che era stato diagnosticato in passato (anche durante alcuni ricoveri avvenuti nel 2017 e 2018) da altri esperti. Il perito Caronna, nella sua relazione, aggiunge anche che in alcuni test psicologici somministrati all’indagato, Nigro avrebbe simulato.

Il perito della difesa

Sul fronte opposto c’è la conclusione a cui arriva il consulente della difesa, il professore dell’Università di Pavia Cristiano Barbieri, secondo cui il vizio cronico del bere era così grave da alterare le facoltà mentali di Nigro e la sua capacità di intendere e volere al momento del fatto.

In particolare, dagli esami tossicologici eseguiti dalla dottoressa dell’Università di Pavia Cristiana Stramesi è emerso che Nigro, tra dicembre e febbraio (mese dell’omicidio), aveva valori molto elevati di intossicazione da alcol.

A questo punto le relazioni saranno messe a confronto nell’udienza fissata in tribunale a Pavia per il 13 settembre, con lo strumento dell’incidente probatorio, che consentirà di “congelare” l’esito delle consulenze in vista del processo. L’avvocato difensore Giovanni Caly potrebbe anche chiedere un rito alternativo.

La confessione

Nigro, che aveva ammesso l’omicidio senza indicare il movente, era rimasto per tre giorni con il cadavere in casa e arrestato dai carabinieri dopo una fuga durata alcune ore. La sua confessione ha instradato il caso giudiziario verso una definizione rapida, ma sulla determinazione della pena farà molta differenza la valutazione della capacità di intendere e volere dell’assassino al momento in cui ha commesso il fatto.

A chiedere l’incidente probatorio per esaminare questo aspetto è stata la stessa procura, ma la valutazione psichiatrica era stata già sollecitata dall’avvocato difensore di Nigro, Giovanni Caly. «Che il mio assistito soffrisse da tempo di disturbi psicotici è stato confermato da diversi accertamenti eseguiti durante i vari ricoveri», spiega l’avvocato.

La difesa ha raccolto in questi mesi la documentazione clinica di Nigro, relativa sia alla diagnosi di un disturbo psicotico che alla dipendenza da alcol, condizione che aveva spinto il giovane a tentare diversi percorsi di recupero in comunità, senza però mai riuscire a disintossicarsi. Anche Lidia Peschechera aveva provato ad aiutarlo: il giorno del delitto Nigro avrebbe dovuto raggiungere il Serd di Treviglio, ma sul treno si era addormentato ed era tornato a Pavia, dove aveva commesso il delitto.

LA STORIA

Dopo averla uccisa rimase per tre giorni con il cadavere in casa. Alessio Nigro, 28 anni, originario di Brindisi ma residente a Casaletto Lodigiano, dopo il delitto di Lidia Peschechera, 49 anni, dipendente in una ditta di bigiotteria e animalista convinta, tentò anche la fuga, durata però poche ore.

I carabinieri lo rintracciarono nella stanza di una piccola pensione a Milano e lo arrestarono. Nell’interrogatorio davanti al magistrato Nigro crollò, senza però fornire una spiegazione del movente e senza mostrare segni di pentimento. Il giovane fornì però dettagli sulla dinamica dell’omicidio, avvenuto la sera del 12 febbraio, nell’appartamento della vittima in via Depretis al Ticinello.

Quel giorno Nigro aveva un appuntamento al Sert di Treviglio, dove era in cura per la sua dipendenza da alcol, ma sul treno aveva bevuto e si era addormentato. Era così tornato a Pavia, nell’alloggio della vittima, con cui aveva una relazione da qualche mese e che lo ospitava. Lidia Peschechera sollecitava Nigro a farsi aiutare per uscire dalla spirale dell’alcolismo.

Quando la donna lo vide tornare a casa ubriaco, ancora una volta, lo affrontò, invitandolo ad andarsene via. La discussione degenerò in breve tempo. Nigro aggredì la donna in bagno, mettendole le mani al collo e spingendola nella vasca. Il corpo senza vita della 49enne rimase nella vasca da bagno fino al 17 di febbraio, coperto da un asciugamano, quando fu scoperto dai carabinieri dopo l’allarme lanciato dal datore di lavoro, che aveva ricevuto strani messaggi dal telefono della donna, e dell’ex marito. Da quanto appurato, era stato proprio Nigro a inviare i messaggi dal telefono della convivente, di cui si era appropriato, per depistare le indagini, prima di darsi alla fuga.

Il giovane, che da anni entrava e usciva dalle comunità di recupero, durante l’interrogatorio ammise i fatti cercando però di fornire una sorta di giustificazione del suo gesto: «Non avevo intenzione di ucciderla, ma sono stato preso da un raptus, perché lei mi aveva aggredito». E ancora: «Non ricordo bene la sequenza dei fatti. Ho continuato probabilmente a stringere il collo sperando in un suo svenimento o non so in cos’altro. Lidia perdeva i sensi e non si muoveva più».

Un racconto che aveva spinto il giudice Pasquale Villani a descrivere Nigro, nella sua ordinanza di conferma del carcere, come un uomo «incapace di controllare i propri istinti violenti», che ha ucciso con modalità «barbare ed efferate senza dare segni di pentimento».