La rivelazione al processo: «I Casalesi di Eraclea progettavano una maxi rapina da mezzo milione»

ERACLEA. Al processo ai “casalesi di Eraclea” si è parlato di una rapina da mezzo milione di euro ai danni di un imprenditore, progettata, ma poi non messa a segno; di macchinari dati alle fiamme per non pagare più le rate del leasing; di corsie preferenziali in banca, come la concessione di tre mutui contemporaneamente. Al centro della scena - per l’accusa - sempre il “boss” Luciano Donadio.

A ricostruire il progetto di rapina ai danni di un imprenditore della provincia di Cremona è stato un investigatore della Squadra Mobile, che ha parlato di intercettazioni tra Donadio, il nipote Antonio Puoti e Christian Sgnaolin, tra il 2013 e 2014. A Donadio si era rivolto “Paolo” – per l’accusa, l’imprenditore Paolo Valeri, che si proclama del tutto estraneo – per recuperare un credito nei confronti del cremonese: si era parlato di coinvolgere nel colpo un albanese, di picchiare l’imprenditore se non avesse pagato e a lungo – ricorda l’investigatore – la Polizia era stata in allerta, temendo si passasse dalle parole ai fatti. Poi il colpo era stato archiviato, ma secondo la Procura sarebbe un esempio del modo di operare del gruppo. Come pure un altro episodio del quale ieri ha parlato il consulente aziendale di Giuseppe Boem, ricordando che Donadio si era rivolto a lui perché – dopo aver comprato alcuni macchinari in leasing – non riusciva più a far fronte alle rate, ipotizzando di portarli all’estero. «Lo sconsigliai», dice Boem, aggiungendo che poi seppe che quelle macchine erano andate a fuoco: «Capii che la situazione non era chiara e ho iniziato a uscire dai rapporti con Donadio e Sgnaolin». Fra i testi di ieri, anche un ex impiegato della filiale di Monte dei Paschi di Musile e San Donà, che – incalzato dalle domande della pm Federica Baccaglini – ha ricordato che Donadio aveva avuto accesso a tre mutui contemporaneamente, che i documenti sarebbero stati verificati solo a fronte di problemi e che aveva accompagnato Donadio dal notaio per la cessione di quei mutui. Un servizio “personalizzato”.

Prossima udienza giovedì, con la testimonianza dell’ex broker Fabio Gaiatto, per una volta non nei panni di imputato, ma di vittima di estorsione. Secondo la Procura, Samuele Faè (sodale del clan) aveva affidato a Gaiatto 7 milioni di euro e Luciano Donadio si era impegnato a farglieli restituire, minacciando Gaiatto: «Vedi come dico io, sono di Casal di Principe e faccio anch’io le mie cose», «tu non sai con chi hai a che fare», «costi quel che costi tirare fuori il denaro (....) o ci sarebbe scappato il morto». È il 2017, Gaiatto è già in bancarotta e oltre a migliaia di ignari risparmiatori che ha raggirato, ha anche clienti pericolosi. In quegli stessi giorni, alla sua porta bussano anche alcuni camorristi di Casal di Principe. Secondo l’accusa l’incontro tra Donadio e Iovane, a Noventa e ad Eraclea, si sarebbe concluso con un patto: dividersi le somme che sarebbero riusciti a farsi restituire. r.d.r.