Dal 2026 obbligo di collegare pos e registratore di cassa telematico. Quando Meloni diceva: “Ennesimo orpello burocratico di uno Stato spione”
Un altro dietrofront. Dopo il “riallineamento” delle accise sulle diesel e l’aumento della pressione fiscale in netto contrasto con la promessa di ridurre le tasse, anche sul fisco digitale Giorgia Meloni si ritrova a smentire la se stessa dei tempi dell’opposizione. Dal 1° gennaio 2026 entra infatti in vigore, in chiave anti evasione, l’obbligo di collegamento digitale tra Pos e registratore di cassa telematico, misura che rafforza i controlli automatici sulle transazioni e che punta a far emergere incongruenze tra pagamenti elettronici e scontrini emessi. Cinque anni fa, quando tutti i commercianti sono stati chiamati a dotarsi di un registratore in grado di comunicare all’Agenzia delle Entrate gli incassi, la leader di Fratelli d’Italia aveva attaccato via social il governo Conte II parlando di “nuova follia” e bollando l’obbligo come “una spesa a carico di chi lavora, che non combatte la vera evasione, ennesimo orpello burocratico di uno Stato spione“.
La norma era prevista nel Piano strutturale di bilancio inviato alla Ue nel 2024: compariva tra le riforme che giustificavano la possibilità di spalmare su sette anni – invece di quattro – i tagli richiesti dal nuovo Patto di stabilità. Il governo ha poi mantenuto la promessa inserendola nella legge di Bilancio dello scorso anno. Le Entrate potranno incrociare i dati in tempo reale e di attivare controlli mirati e automatizzati nel caso ci siano scostamenti significativi. Per gli esercenti che non si adeguano sono previste sanzioni da 100 a 1.000 euro e, nei casi più gravi, anche la sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’attività. Secondo la relazione tecnica, il nuovo sistema dovrebbe garantire 50 milioni di euro di gettito aggiuntivo tra Iva e imposte dirette, destinati a salire a 65 milioni a regime.
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