Tracy, la stella veneta di MasterChef. «Il riscatto dopo fatica e frustrazioni»
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Nata in Nigeria, a 13 anni si è trasferita a Verona. «Lavoravo come cameriera, il mio piatto preferito è il lesso con la pearà»
VERONA. Desiderio di riscatto, tanta passione, anni di studio e volontà di dimostrare valore e capacità. Ci sono tutti questi ingredienti dietro il trionfo di Tracy Eboigbodin, giovedì sera, alla finalissima di MasterChef. Ventotto anni, la promessa della cucina italiana è nata in Nigeria, dove ha trascorso l’infanzia e parte dell’adolescenza. Si è trasferita in Italia nel 2006, trovando la sua nuova casa a Verona e, ora, a Oppeano. All’inizio è stata dura. Poi, anche grazie alla mamma e al fidanzato, è riuscita a ricostruire la sua vita, mattone dopo mattone. Lasciandosi alle spalle difficoltà e frustrazioni. Diventando la migliore chef provetta di tutta Italia.
Tracy, come sta? Si aspettava questo successo?
«Frastornata ma felice. Io non ho mai dato nulla per scontato. Nemmeno a MasterChef, nemmeno in finale pensavo che avrei vinto. E invece...».
Cos’ha fatto la differenza?
«Il menu che ho proposto e l’idea che c’era dietro. Il connubio tra due mondi – quello nigeriano e quello veneto – differenti solo apparentemente. Ho incuriosito i giudici, che non vedevano l’ora di assaggiare i piatti».
Ha usato la parola “apparentemente”. Quali sono i tratti comuni a questi due mondi?
«In cucina, ce ne sono moltissimi. E non parlo semplicemente di gusti o caratteristiche, ma di veri e propri piatti. Il baccalà, ad esempio, è una pietanza che mangiamo tanto in Nigeria quanto in Veneto. E poi il platano, un frutto che usiamo come fosse una patata. Poi ho preparato il maiale, accompagnandolo con un pudding un po’ dolce e un po’ salato, che si sposa bene con quel tipo di carne. I mondi africano e italiano sembrano tanto distanti, ma in realtà si possono fondere benissimo. Proprio come le persone, le culture, i pensieri: basta solo avere il desiderio di trovare un equilibrio».
E il suo equilibrio quando l’ha trovato?
«La cucina ha avuto una parte centrale, con la mia famiglia. Sono nata in Nigeria, dove ho vissuto fino ai 13 anni. In Africa, vivevo con mia mamma e con mio fratello: quello più piccolo sarebbe nato in Italia. Nel 2006, mia mamma ha deciso di ricongiungersi a papà, che viveva in Italia, e allora siamo partiti alla volta di Verona».
Com’è andata?
«È stata dura. Molto dura. Anche soltanto per imparare la lingua, e poi tutto il resto. Io ho messo l’anima in quello che ho fatto. Mi dispiace soltanto di non aver proseguito gli studi come avrei voluto. Ma, quando ho lasciato, mi sembrava la cosa giusta da fare».
Quando ha iniziato a cucinare?
«Da bambina. Nel mio Paese, si inizia a cucinare da piccolissimi. Le mamme e le nonne insegnano subito ai bimbi a essere responsabili e fare tante cose, tra cui cucinare. Alla cucina italiana, invece, mi sono avvicinata grazie al mio compagno, che mi ha fatto assaggiare tanti prodotti che non conoscevo e di cui mi sono innamorata. Negli ultimi due anni, con la pandemia, ho avuto modo di sperimentare molto in cucina, affinando le mie tecniche e usando ingredienti per me inediti».
Qual è il suo piatto preferito della cucina veneta?
«Un piatto veronese, il lesso con la pearà. Che cucino... a modo mio. Sicuramente non è ai livelli di quello che prepara mia suocera. Non so quale sia il suo segreto, e difficilmente riuscirò a carpirlo. Ne faccio una mia versione all’africana. In cucina vince la personalità».
Cosa faceva prima di partecipare a MasterChef e cosa farà ora?
«Lavoravo come cameriera di sala in un hotel a 4 stelle a Verona. Non so cosa mi riserva il futuro, ho smesso di fantasticare da tempo. Sono pronta ad affrontare a testa alta qualsiasi cambiamento. Però un sogno nel cassetto ce l’ho: studiare tanto, affinare le mie tecniche, imparare ad abbinare al meglio gli ingredienti e aprire il mio “home restaurant” gourmet».
Cosa rappresenta per lei la vittoria a MasterChef?
«Un riscatto. Mi sono sempre data da fare, lavorando fin da giovanissima, per avere una sicurezza economica. Ho sempre cercato la mia indipendenza. Sapevo di dovere dare più degli altri. Nel mio ultimo impiego, arrivavo a lavorare anche 10 ore al giorno consecutive. Ho sempre fatto tanta fatica, senza avere soddisfazioni. Vincere MasterChef è stato come ricevere un premio per tutti gli anni di sacrifici».
Come ha reagito la sua famiglia?
«Mia mamma è stata felicissima. La mia è una famiglia molto semplice, con i piedi saldi a terra. Mia mamma e mio fratello non sono tipi da “voli pindarici”, continueranno la loro vita normalmente. Ma chiaramente sono orgogliosi di me. Questo mi rende felice».