Stalker condannato a tre anni. Perseguitava la ex e compagno nel Feltrino
Biglietti ingiuriosi e passaggi con l’auto, telefonate mute: una vita infernale per la convivente. La pubblica accusa in aula aveva chiesto un anno
FELTRINO. Tre anni di condanna per lo stalking all’ex compagna. Sentenza pesante nei confronti di un 59enne che avrebbe reso la vita difficile all’ex convivente, al nuovo compagno di lei, e di riflesso ha scombinato anche quella del figlio dei due.
La donna è dovuta ricorrere a scaricare una App per cercare di capire a chi fossero intestati i numeri di telefono dai quali riceveva telefonate mute e cose simili per niente simpatiche.
Alla fine c’è riuscita e la seguente trafila giudiziaria ha portato alla sentenza di ieri emessa dal giudice Antonella Coniglio che ha triplicato la condanna a un anno chiesta dal pubblico ministero nella sua requisitoria. Tre anni quando la pubblica accusa ne chiedeva uno solo.
L’imputato (difeso dall’avvocato Paolo Patelmo), è stato condannato anche a un risarcimento di settemila euro alla parte civile (che si è costituita con l’avvocato Patrizia Zannini) e oltre 3400 euro di spese legali alla stessa.
Una vita divenuta infernale quella per la donna, una professionista feltrina che dopo questa prima convivenza con B.G. fino al 2016, non andata a buon fine, aveva in corso una nuova relazione con un compagno.
Nel 2018 aveva la sua attività, quando inizia a ricevere biglietti. Lei sul posto di lavoro e alla sua abitazione, ma anche il suo nuovo compagno iniziava a essere destinatario sul suo. Messaggi di ingiurie per la parte offesa, poco promettenti, molto spiacevoli e lesivi delle persone, anche del compagno attuale.
Quindi telefonate. All’inizio le classiche telefonate mute di ignoti: da varie utenze, a quanto pare molti erano i numeri utilizzati.
Al punto che per cercare di togliere il velo da questo anonimato che la perseguitava, si fa ricorso a una app con la quale svelare le identità degli ignoti interlocutori.
Ne segue una perquisizione degli inquirenti che nella disponibilità dell’imputato trovano anche uno dei cartelli utilizzati all’indirizzo delle sue “vittime”. Il negoziante conferma la vendita e qualche conto inizia a tornare.
Il 59enne era stato destinatario anche di una condanna (ammenda) per molestie, per una precedente situazione simile creata. Un particolare che deve aver pesato nella formulazione della sentenza di ieri.
Il pubblico ministero nella sua requisitoria aveva chiesto la conferma delle accuse nei confronti del 59enne che era stato visto transitare in auto nei pressi dell’abitazione della donna. Quest’ultima aveva dovuto cambiare le sue abitudini di vita ma, soprattutto, la pesantezza della situazione l’aveva costretta a vivere stati di ansia difficili da superare se non con l’uso di farmaci adeguati.
Insomma, una sofferenza che non poteva continuare.
Per la difesa invece non c’era prova di tutte quelle accuse. Il giudice ha condannato.