Allevatori in crisi: Lattebusche ritocca la remunerazione
«Il mercato è in generale sempre più difficile e, se i consumatori ci premiano nonostante gli aumenti, vuol dire che apprezzano la nostra scelta di puntare sulla qualità. Per questo i nostri numeri sono ancora in crescita».
Antonio Bortoli è il direttore generale di lungo corso, un timoniere che guida da anni un’ammiraglia come Lattebusche (380 soci produttori, oltre 300 dipendenti, fatturato 2021 a 116 milioni, in crescita del 5% sul 2020) con piglio deciso e ben sapendo interpretare, per tempo, l’andamento dei mercati.
«La produzione del latte è in calo, non solo da noi (1.078.077 ettolitri nei primi nove mesi dell’anno, -1,7% sullo stesso periodi del 2021), ma anche in tutti gli altri Paesi. Un calo generalizzato a livello globale. Del resto i consumi in Italia sono stagnanti o addirittura in leggera diminuzione, perché il portafoglio del consumatore risente delle ben note difficoltà economiche. Cresce bene, invece, l’esportazione dei formaggi itaiani (+13%)».
I numeri
Così il fatturato di Lattebusche al 30 settembre è salito a 102,4 milioni di euro (+21%) e l’anno verrà chiuso in consistente crescita rispetto al 116 milioni di euro del 2021. Suddiviso fra prodotti finiti (86,7 milioni di euro, +15,4%), con notevole incremento del Grana Padano (+23% a 32,3 milioni di euro) e prodotti industriali (15,6 milioni di euro). «Il nostro miglioramento», prosegue Bortoli, «è dovuto quindi soprattutto alla qualità e alla resa dei prodotti, al grande lavoro fatto alla stalla, e alla tecnologia dei nostri impianti e delle nostre lavorazioni».
Vicini ai soci
Lattebusche è una cooperativa, quindi non dimentica i soci produttori. Lattebusche è una cooperativa, quindi non dimentica i soci produttori. «Se il quadro aziendale fa ben sperare, non possiamo mai dimenticare che i valori di Lattebusche derivano dal lavoro dei nostri 380 soci produttori, che negli ultimi dodici mesi», sottolinea il direttore generale, «hanno visto crescere a dismisura i costi delle materie prime per l'alimentazione; devono fronteggiare il caro bollette, che sta strangolando tutte le aziende; affrontano una costante carenza di manodopera. Tutti aspetti ingigantiti dalla guerra in atto in Ucraina. In Italia, ad esempio, c’è stato un incremento di circa il 10% nella macellazione dei capi di bestiame», conclude Antonio Bortoli, «indice che i produttori sono arrivati a sacrificare parte del loro patrimonio per non chiudere definitivamente le stalle. Una preoccupazione alla quale noi cerchiamo, come azienda, di reagire remunerando il latte e 60 euro ivato all’ettolitro».
Le prospettive
Questo lo stato dell’arte, che Antonio Bortoli ha illustrato in un’assemblea dei soci che si è tenuta a porte chiuse l’11 novembre, ma restano questioni aperte e punti interrogativi per i prossimi mesi. Innanzitutto i costi aziendali che se, per il momento, sono rimasti contenuti a 35,5 milioni di euro, rischiano di impennarsi a causa dei rincari energetici, ancora bloccati per questo 2022. «Stiamo facendo il possibile con investimenti e accorgimenti interni; con contatti esterni con altre entità; con i riferimenti istituzionali regionali e statali. D’altra parta si tratta di una questione che investe tutto il settore e che Assolatte ha recentemente definito “dirompente e senza fine”».
La ricetta di Lattebusche
«Siamo un’azienda sana, in grado di rispondere alle esigenze del mercato a vantaggio dei soci. Lo facciamo - sottolinea il direttore generale - con una gamma vasta di prodotti, per cogliere tutte le opportunità che il mercato può offrire. Puntiamo sull’innovazione non solo tecnologica, ma anche di prodotto, con il latte Bio e il latte di capra, e con il consolidamento di prodotti come il Grana Padano, che occupa una parte importante della nostra trasformazione. Ma il beneficio arriva anche da tutte le altre produzioni, cresciamo nella qualità, abbiamo riportato i Bar Bianco ai livelli pre-Covid, e non era affatto scontato. Il nostro vero asset alla fine è comunque il latte della nostra provincia di montagna, che ci consente un posizionamento medio alto perché il consumatore più preparato oggi valuta con attenzione l'origine delle materie prime e la sostenibilità di quello che mangia».