Aumenta il materiale estraibile dalle cave bellunesi: il piano della Regione per le grandi opere
L’incremento riguarda i detriti e solo per le coltivazioni attive. Si passa da mezzo milione a 800 mila metri cubi in più
Le cave bellunesi di detrito potranno aumentare la loro produzione, con una quantità di materiale estraibile che raggiungerà lo 0,8 milioni di metri cubi. La proposta arriva dalla giunta regionale del Veneto in forma di aggiornamento al Piano Cave del 2018, dove si prevedeva che nel territorio bellunese il tetto massimo dovesse fermarsi a 0,5 milioni di metri cubi.
Un’ipotesi poi superata dagli eventi, ma soprattutto dalle grandi opere che stanno interessando il territorio veneto compreso quello bellunese, a partire dai lavori programmati in occasioni delle Olimpiadi invernali del 2026.
Ora la proposta dovrà essere esaminata dalla Seconda Commissione che svolgerà anche le audizioni di tutti i soggetti portatori di interessi, a partire dalle amministrazioni locali.
Solo al termine di questo percorso, non ancora calendarizzato e dopo l’ultimo passaggio in giunta regionale, l’aggiornamento del Piano Cave diventerà operativo e le ditte interessate potranno chiedere di ampliare la loro attività, sempre rispettando gli iter autorizzativi che comprendono tutte le valutazioni di impatto ambientale.
«Il principio che sta alla base della revisione del Piano», spiega l’assessore regionale all’ambiente, Gianpaolo Bottacin, «è che non verrà autorizzata nessuna apertura di nuove cave, ma solo l’ampliamento di quelle esistenti. Si tratta di un punto fermo che vede solo un’eccezione nel Vicentino per questioni tecniche, e che permette di valutare la riattivazione delle cave dismesse se non erano state esaurite e a patto che non sia già avvenuto il ripristino ambientale».
La necessità di un aggiornamento del piano del 2018 (con validità decennale) con l’aumento dei volumi estraibili nasce da alcune valutazioni, ampiamente sviscerate anche nella deliberazione che contiene la proposta della giunta regionale. Il monitoraggio che verifica gli effetti dello strumento di programmazione ha infatti evidenziato alcune criticità “riguardo al raggiungimento degli obiettivi” un po’ in tutte le province venete, relativamente ai ridotti limiti autorizzabili di cave per l’estrazione di inerti costruttivi da detriti e da calcare per costruzioni, cioè i materiali destinati a sottofondi stradali, alle manutenzioni e alla realizzazione di opere spondali.
Per quanto riguarda il Bellunese: «Dopo Vaia, quando sono iniziati i lavori di messa in sicurezza e di ripristino delle opere di difesa idraulica danneggiate dalla tempesta», prosegue Bottacin, «è stato necessario reperire il materiale nell’altopiano di Asiago.
Questo ha comportato maggiori costi e soprattutto un maggior impatto per il traffico di mezzi pesanti. Bisogna inoltre tenere in considerazione il fabbisogno di materiali legati alla realizzazione delle infrastrutture olimpiche e non preventivati nel Piano del 2018».
Un problema che, altrove, si presenta ad esempio per la costruzione della Tav. La revisione dei volumi autorizzabili di inerti, dunque, costituisce una priorità per la Regione che ha dato il via libera alla correzione del Piano.