Mantova, l’ansia degli operai esposti all’amianto: «Visite in ritardo, e si muore ancora»
MANTOVA L’ultima croce è quella di un operaio di 49 anni, carpentiere saldatore alla Belleli dell’epoca, tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90. Mesotelioma: l’amianto gli ha presentato il conto trent’anni dopo, soffocandogli i polmoni e strozzandogli il fiato. Condanna atroce, questa dei lavoratori dell’allora, sacrificati al profitto quando già si conosceva la cancerogenicità dell’amianto. Niente mascherine, tute, guanti.
Qualcuno lavora ancora, nessuno può illudersi di essere salvo: il periodo di latenza – che misura il tempo tra l’esposizione alla sostanza cancerogena e la comparsa del tumore – è molto lungo, può arrivare anche a 40 anni. Condanna lenta. Sono 501 gli operai mantovani iscritti al “Registro dei lavoratori esposti ed ex esposti all’amianto” istituito da Regione Lombardia per identificare le persone a cui offrire assistenza, riconoscere casi di malattie professionali e realizzare studi epidemiologici. Registro gestito dall’Ats Val Padana.
Il problema? Il pezzo successivo, quello della sorveglianza sanitaria attraverso delle visite periodiche, è ingolfato: riferisce la Cgil di alcuni lavoratori che, dopo anni, attendono ancora di essere chiamati per la prima visita all’ospedale di Cremona. Manco a dirlo, la pandemia ha affaticato ulteriormente il sistema e dilatato i tempi.
Adesso la morte del carpentiere 49enne è intervenuta ad accelerare le preoccupazioni dei lavoratori a rischio (ex e attuali), quelli che hanno già oltrepassato la linea dei 30 anni di latenza. «Per queste persone la sorveglianza sanitaria dovrebbe essere rafforzata, e invece siamo fermi allo stesso punto – lamenta Mauro Mantovanelli, già alla guida della Fiom e oggi nella segreteria Cgil, con delega alla sicurezza – se le visite sono ripartite, come ci è stato detto, stanno procedendo con il contagocce. Il 28 aprile si celebrano la Giornata mondiale per la salute e la sicurezza sul lavoro e quella per le vittime dell’amianto. Ecco, trovo assurdo che non sia data priorità a questi lavoratori a rischio, visto che di amianto si continua a morire e si moltiplica anche il numero delle malattie professionali».
Sono due i temi sollevati dalla Cgil: all’esigenza di rimettere in marcia rapida il sistema delle visite si somma anche l’opportunità per i lavoratori mantovani di essere ricevuti qui, senza doversi allungare fino a Cremona. Riferisce Mantovanelli di aver ricevuto delle rassicurazioni in tal senso durante la penultima riunione del “comitato territoriale di coordinamento delle attività di prevenzione e vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro”. «A che punto siamo? – chiede adesso, due mesi dopo – confido che la situazione si sblocchi presto». Una sveglia garbata ma perentoria.
Gli appuntamenti? In ospedale a Cremona ma con solo tre medici
L’affanno è nei numeri: sono solo tre i medici in forze all’Unità operativa ospedaliera di medicina del lavoro di Cremona (l’acronimo scioglilingua è Uooml), dove convergono per le visite anche i lavoratori esposti ed ex esposti all’amianto di Crema e Mantova. Così perché il Poma è sprovvisto dell’unità di cui sopra, e a un certo punto Regione Lombardia ha stabilito che la sorveglianza sanitaria fosse affidata esclusivamente agli specialisti ospedalieri di medicina del lavoro. Altra cosa il “Registro dei lavoratori esposti ed ex esposti all’amianto”, istituito sempre dalla Regione e gestito dall’Ats Val Padana.
A spiegare come funziona è Anna Firmi, direttrice dell’unità operativa di Prevenzione e sicurezza ambienti di lavoro: «La finalità del registro è preventiva ed epidemiologica, non di natura assicurativa – premette – l’iscrizione avviene su base volontaria, e se durante una delle nostre attività d’ispezione nelle aziende veniamo informati di lavoratori che sono stati esposti all’amianto, allora pensiamo noi a contattarli. Un altro canale è quello dei medici di medicina generale, che l’Ats ha sollecitato a raccogliere eventuali segnalazioni. Come ci si iscrive? Il lavoratore fissa un appuntamento con noi, che dopo la raccolta anamnestica inquadriamo l’esposizione e chiediamo alla persona se vuole accedere alla successiva sorveglianza sanitaria».
In caso affermativo, i dati sono trasmessi all’Asst di Cremona per la convocazione. E se alla prima visita le radiografie e la spirometria (l’esame che valuta la funzionalità respiratoria) non evidenziano problemi, allora il lavoratore viene riconvocato dopo tre anni. Tutto chiaro e fluido, almeno sulla carta, perché nella pratica i tre medici dell’unità ospedaliera di Cremona devono dividersi tra mille altre incombenze. E solo gli iscritti al registro amianto sono 868 (501 i lavoratori mantovani).
Come se ne esce, da questo imbuto? «Posto che, al momento, il riferimento non può che essere l’Uooml di Cremona, la calendarizzazione delle agende potrebbe essere ottimizzata attraverso accordi tra gli specialisti negli ospedali di Mantova e Cremona – interviene il direttore generale dell’Ats, Salvatore Mannino – so di interlocuzioni già in corso tra le due Asst, noi potremmo lavorare per facilitare questi accordi».