Mazzette per la ricostruzione post sisma nel Mantovano, gli indagati diventano 21
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foto da Quotidiani locali
Chiuse le indagini dell’operazione Sisma, con il faldone che è diventato molto più pesante. Quasi raddoppiato il numero degli indagati, che ora sono 21, e aumentate le ipotesi di reato: non più solo concussioni e corruzioni, ma falsi in atti pubblici, false fatturazioni, ulteriori abusi d’ufficio e esercizio abusivo dell’attività bancaria. La Dda di Brescia ha chiuso così il cerchio sull’inchiesta dei carabinieri del nucleo investigativo di Mantova che ha scoperchiato il vaso del sistema di mazzette per i risarcimenti post terremoto nei comuni del cratere sismico della Bassa Mantovana. Nel blitz di gennaio, undici erano gli indagati, -di cui dieci colpiti da ordinanze di custodia cautelare - per il giochino orchestrato, secondo l’impianto accusatorio,dall’architetto Giuseppe Todaro, 36 anni, pubblico ufficiale con la carica di tecnico istruttore nei comuni di Poggio Rusco, Borgo Mantovano, Magnacavallo, Sermide e Felonica, incaricato di istruttorie, di verifiche, di rendicontazione e di autorizzazione ai pagamenti dei contributi a fondo perduto stanziati da Regione Lombardia per gli immobili danneggiati. Lui, con il padre Raffaele, rispettivamente nipote e genero del boss della ’ndrangheta cutrese Antonio Dragone, ucciso in un agguato nel 2004, uniti nell’intento di ingrassare le casse della cosca.
L’ipotesi intorno a cui ruota l’inchiesta è che alcuni committenti dei lavori di ristrutturazioni venissero convinti dall’architetto ad affidare gli interventi all’impresa del padre, rimasto una figura di spicco nel quadro dei Dragone.
Dichiarata chiusa l’indagine, prima della richiesta dei rinvii a giudizio, i legali degli indagati hanno tre settimane di tempo per richiedere di vedere gli atti dell’indagine, presentare memorie difensive e documentazione relativa a proprie indagini e offrirsi per eventuali interrogatori. Oltre agli undici già finiti nel blitz di gennaio, i 10 arrestati Raffaele e Giuseppe Todaro, l’ostigliese Rossano Genta, Giuseppe Di Fraia, casertano residente a Poggio Rusco, il guastallese Enrico Ferretti, Felice D’Errico, casertano, Monica Bianchini di Ostiglia, Carlo Formigoni di Revere, il napoletano Antonio Guerriero,Pierangelo Zermani di Medesano, e Francesco Garofalo,di Guastalla, solo indagato, sono entrate nel procedimento altre 10 persone. Si tratta di professionisti e imprenditori, tutti gravitanti nella zona tra la Bassa Mantovana e Reggiana, che si sarebbero rapportati con l’architetto Todaro secondo lo schema collaudato: la corresponsione di somme (in genere pari a circa il 3% del contributo) per garantirsi la trattazione della propria pratica su una corsia preferenziale, in violazione dell’ordine cronologico e con aumenti dell’importo del contributo pubblico a fondo perduto (in un caso a 950mila euro anziché 595mila come originariamente stabilito).
La Dda, sulla scorta delle ulteriori indagini di questi mesi dei militari di via Chiassi, ha individuato altri documenti e dichiarazioni false nelle carte delle pratiche dei risarcimenti post sisma. Per alcuni anni si sarebbero ripetute false fatturazioni, e i Todaro si sarebbero prodigati in prestiti di denaro senza averne alcuna autorizzazione: presentandosi come una sorta di bancari privati. Infine, i carabinieri hanno individuato altri due cantieri dove si sarebbero verificati gli abusi di Giuseppe Todaro: a Borgo Mantovano e a Schivenoglia.