L’aguzzino tra le pareti domestiche: «Ventisei anni di botte e angherie a me e ai tre figli»
In tribunale a Mantova il racconto di una donna che accusa il marito di un lungo elenco di violenze e soprusi. Un inferno finito con l’intervento della polizia
Più che una testimonianza, uno sfogo senza argini, il racconto di ventisei anni d’inferno compressi nel perimetro di casa e chiusi a chiave nel suo cuore di mamma, ammaccato dalla paura che un’eventuale denuncia l’avrebbe scippata dei suoi tre figli. E adesso che il tappo è saltato, non c’è modo di frenare il flusso di rabbia e dolore. Il pubblico ministero e il presidente del collegio Gilberto Casari ci provano a suggerire una traiettoria ai suoi ricordi, ma per più di due ore la donna sovrappone date, episodi, botte, minacce. Così secondo la sua versione del matrimonio feroce che l’ha tenuta in gabbia dai 23 ai 49 anni. Al banco degli imputati siede il marito accusato di maltrattamenti che, dal fondo dell’aula, appare impermeabile alle accuse della donna. Ci sono anche i tre figli, con gli sguardi agganciato al profilo della mamma che parla: loro saranno ascoltati la prossima udienza, a marzo.
«Mi sentivo come una nave fatta a pezzi in mezzo al mare» dice lei, con l’accento musicale di chi ha imparato ad abitare un’altra lingua. Descrive il marito come uno scansafatiche «violento e aggressivo», un finto invalido capace di truffare i medici, fuori casa in sedia a rotelle, dentro «veloce come un fulmine e forte come un cavallo». Racconta di come la furia gli trasfigurasse il viso, quando la prendeva a schiaffi e pugni, anche davanti ai figli, e allora lei si riparava con un braccio davanti agli occhi, non solo per parare le botte ma anche per non vedere «Satana nei suoi occhi».
Tanti, e tutti da brividi, gli episodi messi in fila, come quando il marito le negò i soldi per il latte artificiale, rifilando al figlio di pochi mesi del latte di mucca da supermercato, con conseguenze serie sulla sua crescita. O come quando punì un altro figlio liceale per aver perso la corriera: una volta a casa, lo prese per il collo sbattendogli la testa contro un blocco di mattoni. Qualche anno più tardi altre botte allo stesso ragazzo, colpevole di aver comprato un etto di prosciutto, non contemplato nella lista della spesa. Così sempre secondo la testimonianza della donna, che accusa l’uomo di aver infierito anche sui figli bambini, chiazzati di lividi sulle braccia.
E quando gli regalarono un maiale, perché lo allevasse nella corte dove vivevano all’epoca, il padre padrone obbligò i suoi ragazzi e la moglie a rubare i sacchi dell’umido lasciati fuori dalle case per la raccolta differenziata. Per sfamare l’animale. Un quadro mosso, che culmina nel racconto del quarantanovesimo compleanno della donna, rovesciato dall’aggressione con una sbarra e dall’arrivo della polizia. Ma in cuor suo, con i figli ormai maggiorenni, la donna aveva già deciso di riprendersi la sua vita.