La magistrata dei Codici Rossi: «Casi di violenza tutti i giorni»
«Se domani tocca a me, voglio che sia l’ultima» le parole che chiudono la poesia dell’attivista peruviana Cristina Torres Cáceres sono state pronunciate ieri anche alla tavola rotonda promossa dalla Cisl, dal titolo-domanda “Legge e norme sono sufficienti per arrestare la violenza contro le donne?”. I 105 femminicidi dall’inizio dell’anno, le lacrime di queste ore per Giulia porgono già la risposta, emersa anche dalle relatrici: per fermare l’orrore occorre un cambio culturale, che chiama tutti in causa, giorno dopo giorno. «E’ un fenomeno drammatico e ciò che arriva alle cronache è solo la punta dell’iceberg: c’è ancora molto sommerso - spiega Giannina Roatta, questore di Mantova -Sul piano normativo si è fatto molto, ora serve lavorare su quello culturale».
La conferma, autorevole, arriva da Elisabetta Favaretti, sostituta procuratore della Repubblica che a Mantova segue i casi da Codice rosso: «I numeri sono elevatissimi, mai avrei pensato che nel ricco Nord-Est si annidasse questa cattiveria». E ne ricorda alcuni: «Donna con il decoltè sfigurato da spegnimenti di sigarette, come fosse un posacenere, donna rasata perché il marito esercitava su di lei violenza economica, obbligandola a non spendere i soldi per il parrucchiere. Non ci rendiamo conto che c’è ancora questa cultura e spesso chi denuncia viene colpevolizzato se tronca una relazione violenta: lo vediamo tutti i giorni». Tutti i giorni. E a dirlo è chi si trova tra le mani i casi più gravi, la punta dell’iceberg.
«Lo strumento di repressione che usiamo è insufficiente se non è accompagnato da una logica di prevenzione» conferma anche Aurora Esposito in rappresentanza del Prefetto, che cita lo scrittore siciliano Bufalino: «La mafia, se un giorno sarà sconfitta, sarà debellata da un esercito di maestri elementare» introducendo così il tema del coinvolgimento del mondo della scuola.
Cambiare, e farlo fin da piccoli. Perchè il paravento dei “ragazzi per bene” nasconde la realtà di morti annunciate: ne ha parlato Beatrice Biancardi, avvocata penalista ricordando un caso mantovano:
«Una ragazza che non vedeva i segnali che c’erano nel rapporto con il suo ex, evidenti solo per la madre. Non voleva punirlo, non era consapevole che la violenza è un esercizio di potere. Lei è viva, a differenza di Giulia». Il controllo del telefono, la privazione del diritto di stare con le amiche, minacce, pressioni psicologiche, strategie di isolamento messe in atto da mariti, amanti, ex: sono solo alcuni degli esempi della barbarie portati ieri dalle relatrici.
Ma il convegno che apre la settimana contro la violenza alle donne coincide con l’ondata di commozione provocata dall’omicidio di Giulia Cecchettin e con l’orrore del gesto compiuto da “un ragazzo per bene”. «Parliamo di loro - invita Gaia Cimolino, consigliera di parità e, anche, madre – Siamo di fronte a una piaga sociale, dobbiamo smettere di dire che la donna deve accorgersi, capire, vedere denunciare: dobbiamo farlo tutti!». Per riuscirci, emerge dal tavolo, serve un cambio di mentalità: «Servono formazione ed educazione all’affettività e risorse come strategia di prevenzione contro la violenza di genere» interviene Antonella Forattini, da un mese nella commissione bicamerale d’inchiesta sui femminicidi, che ricorda che sul ddl contro la violenza di genere «dalla maggioranza e dal governo è stata volutamente stralciata la parte relativa all’educazione all’affettività».
Per la scuola il percorso è da costruire come lo è giorno per giorno nella società: «Anche il linguaggio è una prima prevenzione - spiega Biancardi – Il femminile va usato, non è una questione di cacofonia, serve a vedere la società con occhi diversi, è la politica dei piccoli passi nel cambiare le abitudini quotidiane”. “Siamo in tutti i luoghi come rappresentanza democratica sindacale: possiamo essere sentinelle, intercettare i bisogni. Abbiamo al nostro fianco le istituzioni: ce la faremo” la conclusione degli organizzatori, vertici Cisl Asse del Po Dino Perboni e Patrizia Rancati.