Venezia e i suoi splendidi milleseicento anni: la mostra a palazzo Ducale

VENEZIA. La straordinaria lampada bruciaprofumo di manifattura bizantina della fine del XII secolo, che, con le sue cupole dorate, sembra un’altra Basilica di San Marco.

O la rinascimentale Coppa Barovier, capolavoro dell’arte vetraria muranese quattrocentesca in vetro soffiato, dove il blu, l’oro e lo smalto si fondono in una figurazione insieme biblica e cavalleresca.

O, ancora dipinti magnifici che uniscono arte e storia, come il “Ritratto del doge Giovanni Mocenigo”, mirabilmente effigiato di profilo da Gentile Bellini, nel nitore dorato e immoto della sua autorità, della seconda metà del Quattrocento.

LA LEGGENDA

Vanno cercati negli oggetti, nei capolavori di oreficeria, nei codici miniati, ma anche nei dipinti rappresentativi di un’epoca quei – presunti – milleseicento anni di storia di Venezia che intende celebrare la grande mostra antologica che la Fondazione Musei Civici ha allestito fino al 25 marzo del 2022 a Palazzo Ducale. Il riferimento è la leggenda della sua fondazione, fatta coincidere – secondo il Chronicon Altinate, composto tra il Millecento e il Milleduecento – con la posa della prima pietra della chiesa di San Giacometo a Rialto, il 25 marzo del 421. Al di là della data, tra storia e mito, l’occasione è stata colta per costruire appunto un’ampia esposizione sulla storia della città, curata a più mani da Robert Echols, Frederick, Ilchman, Gabriele Matino e Andrea Bellieni, con la direzione scientifica di Gabriella Belli. Il risultato naturalmente non è – né aveva l’ambizione di essere – esaustivo di una storia così complessa e articolata come quella di Venezia, ma punta piuttosto a offrire alcuni spunti di riflessione su di essa.

I GIOIELLI DI CASA

È una mostra “fatta in casa”, nel senso migliore del termine, perché la gran parte delle circa 250 opere esposte provengono appunto dalle raccolte civiche o comunque da musei e luoghi storici veneziani, rinunciando, volutamente, a possibili prestiti che avrebbero potuto integrarle. Non un male, perché, è appunto, l’occasione per mostrare nel dettaglio, autentici “gioielli” mai esposti al pubblico, come ad esempio la “Mariegola” trecentesca della Scuola Grande di San Marco splendidamente miniata su fondo oro e attribuita a Paolo Veneziano.

CONTINUO RINNOVAMENTO

La scelta espositiva è quella di “capitoli” – dodici in tutto – che ripercorrono visivamente momenti della storia di Venezia, con un’accentuazione legata anche a quelli di difficoltà e al loro superamento, in una capacità incessante di rinnovamento.

Passando dal dominio sui mari alle capacità mercantili, a momenti fondamentali sul piano urbanistico e architettonico per la città, con la “Renovatio Urbis” imposta nei primi decenni da un doge illuminato come Andrea Gritti e segnata nell’area marciana dagli interventi di architetti come Jacopo Sansovino. Ma il percorso espositivo è segnato attraverso le opere esposte anche da episodi drammatici, come l’incendio di Palazzo Ducale del 1577, le due pesti del 1576 e 1631, fino ad arrivare, per la contemporaneità alle due Acque Grandi del 1966 e del 2019.

In mostra simboleggiate anche da una celebre videoinstallazione del 2004 di Bill Viola, “the Raft”– la Zattera, creata per le Olimpiadi di Atene – che rappresenta visivamente un momento di disastro e le sue conseguenze, vissute da uno spaccato dell’umanità.

GLORIA E CADUTA

Passando attraverso la gloria e la caduta settecentesca della Serenissima e un secolo complicato, tra rivoluzione e unificazione come l’Ottocento. Senza dimenticare la contemporaneità artistica di Venezia tra la nascita e lo sviluppo della Biennale, la presenza di una generazione di grandi artisti, – da Vedova a Santomaso, da Tancredi a Music – la presenza vivificatrice di Peggy Guggenheim con la sua collezione, con uno sguardo anche all’architettura.

E lo stesso incendio del Teatro La Fenice.

E IL FUTURO

L’ultima sala è un invito alla riflessione sul futuro, sulla salvaguardia del patrimonio di questa città e sulla ricerca della sostenibilità grazie a un’installazione nata dalla collaborazione tra Gabriella Belli e Studio Azzurro.

Sullo sfondo liquido che avvolge Venezia in ogni fase della sua vita, emergono le tante voci delle persone – intellettuali, tecnici, studenti – che si interrogano sul futuro della città. Al di là di una storia monumentale e magmatica, quella di Venezia, che non poteva necessariamente essere compendiata tutta nei confini della mostra, ciò che attraverso di essa il visitatore certamente si porterà dietro nei suoi ricordi sono alcune delle opere che la punteggiano. A cominciare da teleri iconici del suo mito e della sua storia, come il “Leone di San Marco” di Vittore Carpaccio, che a Palazzo Ducale è di casa. E, naturalmente, “Venezia riceve da Nettuno le ricchezze del mare” di Giambattista Tiepolo, anch’esso già parte del percorso espositivo del Ducale.

Ma anche da altri dipinti forse meno celebrati ma anch’essi di grandissima qualità come ad esempio il fiammeggiante “L’incendio di San Marcuola” di Francesco Guardi. Come sottolinea anche Gabriella Belli, nella prefazione al bel catalogo che la accompagna, «la mostra, per una volta, infatti, è una sorta di racconto di famiglia». E in quest’atmosfera “familiare”, ciascuno potrà trovare per sé l’angolo più intimo e confortevole in cui sostare.