Niente preghiere in piazza a Monfalcone, il questore per il Ramadan indica due siti alternativi
Dopo la richiesta del centro islamico Di Ruscio anticipa il tavolo in Prefettura: «Ora abbassare i toni, evitare provocazioni e inaccettabili attacchi personali»
MONFALCONE. «Abbassare i toni, evitare provocazioni e inaccettabili attacchi personali». Il questore Luigi Di Ruscio ieri mattina riassumeva in poche parole la posizione sul caso Monfalcone e la volontà, avanzata da una parte della comunità islamica, di andare a pregare in piazza della Repubblica durante il periodo del Ramadan. Di Ruscio accompagnava quei precisi concetti di distensione e fermezza – che chiamano in causa tutti, non mancando però di sottolineare gli attacchi al sindaco Anna Cisint finito sotto scorta – a un preciso atto che, di fatto, anticipa il tavolo sull’ordine pubblico convocato per stamane in Prefettura. Prendendo una decisione: in piazza non si prega. Allo stesso tempo indicando due aree alternative di Monfalcone, per altro già rifiutate ieri sera per voce di Bou Konate, molto esplicito a riguardo: «Pregheremo in piazza, non ci interessano le altre due aree».
Ma andiamo con ordine. Davanti alla richiesta di Md Jahirul Islam, presidente del Centro culturale Darus Salaam di via Duca d’Aosta, con la comunicazione arrivata venerdì, di fatto fuori preavviso, che chiamava a raccolta i fedeli musulmani già nella serata di ieri in piazza per il primo giorno di Ramadan, lo Stato prende una strada precisa. E il motivo riguarda la sicurezza, di chi prega o meno, tenendo separato l’aspetto del manifestare in piazza rispetto a quello del pregare. Lo si potrà fare, ma in altre due aree individuate proprio in virtù della situazione già molto tesa in città, dopo le ordinanze del Comune sui due Centri culturali islamici e lo spazio all’ex supermercato Hardi di via Primo Maggio. Aspetti tutti ancora da dirimere, sulla destinazione d’uso e il sovraffollamento, davanti al Tribunale amministrativo regionale e il Consiglio di Stato.
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E così domenica mattina sono state notificate le prescrizioni al centro islamico i cui fedeli potranno pregare fino all’8 aprile, quando finirà il Ramadan, dalle 19.30 alle 22.30 nell’area del parcheggio delle Terme romane, mentre per il venerdì dalle 12.30 alle 14 nell’area verde della salita della Rocca, non distante da piazza della Repubblica. Lontani da possibili interferenze di qualsiasi genere, lontani da una piazza che ospiterà delle iniziative già programmate ma soprattutto lontani dal municipio. Altra cosa, rispetto alla preghiera, sposata nella tarda serata di sabato anche dal portavoce delle comunità islamiche Bou Konate, è il diritto a manifestare il proprio pensiero. Garantito in quella sede, la piazza della città.
In ogni caso l’invito del questore Di Ruscio «ad abbassare i toni» si lega anche a un contenzioso giuridico sul possibile utilizzo, con dei paletti nei numeri di accesso, delle sedi di via Duca d’Aosta e di via Don Fanin anche per la preghiera. Le realtà musulmane, attraverso il legale di fiducia, avevano chiesto nei giorni scorsi sia dato corso al pronunciamento assunto il 28 febbraio del presidente del Consiglio di Stato, Carlo Saltelli, che ha riformato l’ordinanza cautelare del Tar con cui era stata respinta la sospensiva delle due ordinanze dirigenziali.
Provvedimenti emessi dal Comune a fine novembre e a seguito dei quali si era registrata l’autosospensione, da parte della comunità, della preghiera di massa e delle cinque salāt quotidiane. Non è al momento utilizzabile come detto lo spiazzo dell’ex Hardi, acquistato dal centro Baitus Salat di via Don Fanin nel 2017: a inizio dicembre l’area è stata oggetto pure di un’ordinanza dirigenziale, che il centro culturale ha impugnato davanti al Tar, dove la prima udienza sulla vicenda è in calendario il 20 marzo. Per il 19 è invece attesa l’udienza in Camera di consiglio sulla sospensiva dei provvedimenti comunali su via Duca d’Aosta e via Don Fanin. Ma il muro contro muro ormai sta andando al di là delle sentenze.