Ezio Mauro: «La prepotenza di Putin s’infila nelle debolezze di una Europa rimasta incompiuta»
foto da Quotidiani locali
«Nelle debolezze di un’Europa incompiuta si infila la prepotenza di Putin». Ezio Mauro non nasconde la sua preoccupazione di fronte all’invasione dell’Ucraina, che mette in evidenza la fragilità di un’Europa senza autorità politica. «Credevamo che la democrazia avesse vinto, ci viene risposto tenetevela, vale solo per voi occidentali».
L’ex direttore della Stampa e di Repubblica, inviato a Mosca alla fine degli anni Ottanta, sarà a Trieste lunedì prossimo, 28 febbraio, per presentare al Teatro Miela, alle 18, all’interno della rassegna Pequod itinerari di letteratura e giornalismo, il suo libro “Lo scrittore senza nome. Mosca 1966, processo alla letteratura”, che Mauro ha dedicato alla figura di Yulij Daniel’, condannato a cinque anni di gulag per avere rivelato coi suoi libri il grottesco del mondo sovietico.
Mauro, lei è un profondo conoscitore del mondo russo, come legge la mossa di Putin?
«La guerra è tornata nel cuore dell’Europa e ci troviamo in una situazione a cui non eravamo preparati che ci dimostra la fragilità dell’equilibrio mondiale in questo momento. Non c’è più un sistema condiviso del mondo e quindi dentro questo vuoto qualcuno come Putin può pensare che valga la legge della forza.
Putin si comporta in questo modo perché rifiuta il giudizio dell’occidente su che cosa è giusto e cosa è sbagliato, non accetta il punto di vista occidentale, anche quello che noi potremmo chiamare il punto di vista democratico che prevede di seguire lo stato di diritto e le regole del diritto internazionale, che prevede di non invadere un paese sovrano.
Il principio di democrazia ci viene restituito al mittente come se fosse una credenza semplicemente occidentale, non c’è più un concetto universale cui fare riferimento».
Cosa ci dice questa crisi?
«Scopriamo improvvisamente di essere fortemente esposti e fortemente infragiliti. La democrazia ci viene restituita come un valore domestico e non universale. Il sistema di regolazione dei conflitti è saltato per aria non c’è un criterio condiviso di giusto e sbagliato. Lo stesso disegno del mondo ritorna in discussione perché Putin dimostra che le frontiere sono mobili».
L’Europa si dimostra smarrita di fronte a un atto di guerra alle porte di casa.
«Abbiamo creduto che la moneta trasmettesse immediatamente autorità politica, ma la moneta non ha impresso sopra il volto di un sovrano e quindi non rappresenta una sovranità. D’altra parte non c’è una autorità politica, un capo di governo europeo, un ministro degli esteri europeo che sia in grado di spendere il suo peso politico nelle grandi crisi del mondo.
Non abbiamo nemmeno un esercito, siamo divisi, l’Europa si affida alle iniziative individuali dei leader dei singoli paesi e dimostra così la sua incompiutezza».
Costretta dalla pandemia l’Europa ha fatto delle mosse in comune, come lo stanziamento di risorse economiche destinate alla ripresa. È possibile che questa guerra possa compattarla dal punto di vista politico?
«È obbligatorio che accada. Abbiamo toccato con mano l’insufficienza dei singoli stati e delle singole nazioni. Paradossalmente Putin afferma una sua identità, quella di uno stato che vuole privilegiare la sua sovranità a ogni costo e far coincidere la sua sovranità dove arriva la sua forza.
Noi dobbiamo rispondere mettendo in campo i nostri valori ritenendo che essi, la democrazia dei diritti e delle istituzioni, siano costitutivi di ciò che noi siamo e che purtroppo troppo spesso dimentichiamo, e che possano avere una funzione che va al di là dell’occidente europeo».
Ma ci sono altre forze che all’opposto seguono la strada di Putin.
«Non possiamo nasconderci che Putin, nel momento in cui si erge a campione dell’antioccidente e a nemico dello stato di diritto, può contare molte simpatie, dagli autocrati dell’Europa di mezzo a Erdogan, fino ai sovranisti di casa nostra. Il discorso di Putin rivela che i critici della democrazia hanno trovato il loro campione».
Lei recentemente ha scritto che è tornato l’Est. Cosa significa?
«Gli Est sono due e dobbiamo farci i conti. Il primo è quello di Putin, che torna a profilare la Russia, come si diceva all’inizio del Novecento, come il nemico ereditario dell’Europa, poi c’è un altro Est, che è quello dei paesi di Visegrad.
Questo Est sta nella Nato ma si trova a disagio nella Ue, vuole gli aiuti del Recovery Fund ma non vuole che siano fondati sul rispetto dello stato di diritto. È un elemento di contraddizione che vive all’interno della Ue che dimostra ancora più la nostra debolezza». —