Le mele delle Dolomiti e il giardino delle erbe: si chiama Naturalpina la scelta di vita di Alice
Tutto è partito a Giamosa, dove ha acquistato un terreno di due ettari. Ora ha un’azienda con un meleto di 1.700 alberi e un agriturismo
BELLUNO. Una fattoria didattica da pochi giorni autorizzata e pronta a ricevere le visite e a organizzare laboratori per bambini, un agriturismo aperto da gennaio, un meleto di 1.700 alberi di varietà resistenti e antiche, coltivate con metodi biologici, un orto di 40 piante aromatiche: il tutto su due ettari di terreno a Giamosa che va sotto il nome di “Naturalpina”. È la scelta di vita di Alice Pedon e della sua famiglia, prima di tutto il marito Gabriele Olivo e i tre figli, oltre ai genitori che danno una (importante) mano.
Alice Pedon è padovana e ha scelto Belluno per questioni di cuore, passando da un lavoro nell’ambito della moda e del design (ma ha fatto anche l’assistente di volo per Lufthansa) alla coltivazione di questo pezzo di terra ai piedi delle Dolomiti.
«Naturalpina è nata nel 2016», racconta l’imprenditrice, «come scelta di vita, dopo esperienze di lavoro nel campo del turismo, dell’ambiente, poi della moda e del design. Subito dopo il diploma sono andata all’estero, grazie a una borsa di studio per la Lapponia, dove mi sono trovata immersa nella natura più selvaggia, in un territorio all’avanguardia nell’integrazione con la natura. Poi sono stata in Germania prima di iscrivermi all’università. Dopo un’esperienza di lavoro come assistente di volo, sono passata al mondo della moda, dall’abbigliamento alle calzature, in cui mi occupavo anche di marketing».
Come è arrivata a Belluno da tutto questo?
«Quattordici anni fa ho conosciuto Gabriele Olivo, in Spagna. Io ero lì per una fiera di moda, lui per il suo lavoro (è velista e progettista di barche, ndr). Per un certo periodo ho continuato il mio lavoro a distanza da qui, poi ho deciso di investire sulla mia famiglia e sulla cura dei tre figli. Nella vita le priorità cambiano, ho deciso di dedicarmi a loro e poi anche a fare qualcosa per loro, per l’ambiente in cui vivono e anche per me».
Quando è nata Naturalpina, la fattoria biologica di Giamosa?
«Nel 2016 abbiamo saputo che c’era in vendita questo terreno, allora era soltanto un campo di due ettari. Il meleto è stato piantato nel 2017, i due edifici sono stati completati nel 2020».
C’è un edificio principale, dove ci sono il negozio, il laboratorio, l’abitazione e l’agriturismo. E un altro edificio tutto in legno, l’Herbarium, in cui ci sono il magazzino e una sala per incontri. Avete utilizzato il legno degli schianti di Vaia per le costruzioni?
«Sì, in entrambi gli edifici, anche se in quello principale non sembra. L’interno della struttura è in legno, coperto da sughero della Sardegna e da calce. Volevamo che fosse tutto naturale. Anche nell’Herbarium abbiamo usato il legno di Vaia e il sughero che era rimasto. È un ambiente multifunzionale: al piano terra c’è il magazzino di stoccaggio delle mele, al piano superiore un locale che viene utilizzato dalle aziende che tengono qui i loro incontri. Abbiamo già ospitato diversi eventi, anche quelli delle città slow a marzo. Per fare un esempio c’è stata una azienda svizzera che voleva uno spazio tranquillo, immerso nel verde, per tenere incontri con i propri manager».
Naturalpina non è presente solo a Giamosa, però, siete anche a Livinallongo.
«Sì, vicino al castello di Andraz abbiamo un terreno di 200 metri quadrati, coltivato a stelle alpine, che utilizziamo per le nostre linee di cosmesi. Inoltre con una socia ho aperto un’altra società che si chiama Fattore Dolomiti, con un ettaro e mezzo di piante di mele a Cavessago. È stato necessario espandere la produzione di mele per rispondere alla richiesta».
Che tipo di mele producete?
«Ci sono tre varietà principali resistenti, Inored Story, Red Topaz e Gialla di Giamosa. E poi abbiamo sei varietà rare antiche che sono di metà Ottocento. Abbiamo scelto di coltivarle per far riscoprire sapori e profumi di un tempo, per tornare alla storia e alle vere origini di questo frutto prezioso. Le mele vengono vendute ma anche trasformate in succhi, chips e confetture».
Poi ci sono i piccoli frutti. E oltre a questo un giardino aromatico, la cui produzione è alla base di creme, prodotti di bellezza e altri tipi di oggetti per profumare la casa. Fate tutto qui voi o avete collaboratori esterni?
«La coltivazione e la prima trasformazione avviene qui, una parte va in alcuni laboratori locali che abbiamo selezionato, dove avviene la seconda parte della lavorazione. Collaboriamo anche con Unifarco, coltiviamo delle piante per loro».
Avete ricevuto dei contributi per l’avvio della attività?
«Solo per l’impianto di protezione del meleto e per la recinzione. Tutti gli alberi di mele sono completamente coperti, non solo sopra per ripararli dalla grandine, ma anche lateralmente per tenere fuori gli insetti nocivi. Nel biologico sono pochissimi i prodotti che si possono utilizzare a protezione delle piante, e noi ne usiamo anche meno di quelli consentiti».
Questo tipo di mele piace?
«Abbiamo prenotazioni già adesso per la raccolta autunnale. Ci sono persone che si innamorano di questo tipo di mele».
Quali sono i prossimi appuntamenti a Naturalpina?
«Grazie alla autorizzazione a fattoria didattica potremo organizzare corsi e laboratori per bambini, ad esempio per riconoscere le erbe officinali, i profumi e le essenze, o a utilizzare le erbe nella cucina, ma anche per conoscere gli uccelli che vivono in queste zone. Prossimamente ci saranno presentazioni di libri, un concerto di un coro di voci bianche, abbiamo un progetto con Società Nuova e i ragazzi autistici. Stiamo preparando anche un corso di potatura per il prossimo anno».
Per non parlare di un progetto per mettere assieme il profumatissimo cirmolo con la lana delle pecore del Cadore, da mettere nei cuscini. Mentre concludiamo il nostro giro, arriva una cliente a prendere le bomboniere di una cresima e a informarsi su come organizzare un evento in questo angolo di paradiso alle porte di Belluno.