Riforma del Csm, l’Anm protesta contro gli emendamenti di Lega e Italia Viva
Le toghe: «La riforma non è rozzamente in contrasto con la Costituzione, ma più insidiosa e insinuante; lavora ai fianchi del modello costituzionale di magistratura»
Neanche il tempo di riprendersi dalla brutta sorpresa di uno sciopero riuscito soltanto a metà, e per i magistrati c’è in agguato una nuova prova: al Senato, nei prossimi giorni, la riforma del Consiglio superiore della magistratura nasconde a loro dire una grave insidia. L’Anm, che ha riunito il suo esecutivo, teme infatti un serio peggioramento di una riforma che già non gli piace, al punto da aver deciso l’astensione dal lavoro per un giorno (e non accadeva da dodici anni). «Il testo del disegno di legge licenziato dalla Camera - scrivono - per più parti fermamente criticato per scelte che ignorano il confronto con il senso autentico dell’architettura costituzionale della giustizia, sembra aprirsi a consistenti peggioramenti». Di qui un appello del presidente Giuseppe Santalucia e del segretario Salvatore Casciaro a non dividersi in questa fase, ma piuttosto a unirsi nel momento del pericolo. Un pericolo che porta il nome di Matteo Renzi e Matteo Salvini. Sono i loro due partiti, infatti, che più di tutti stanno cercando di riaprire la partita della riforma al Senato. E nel senso più indigesto all’Anm.
«La riforma del Csm e dell'ordinamento giudiziario - spiega dunque nella sua relazione il presidente Santalucia - non è rozzamente in contrasto con la Costituzione, ma più insidiosa e insinuante; lavora ai fianchi del modello costituzionale di magistratura. E se avevamo il timore fondato che c'è il disegno di cambiare il volto costituzionale della magistratura, sfogliando il fascicolo degli emendamenti al Senato ne abbiamo conferma».
Gli emendamenti, a firma Lega e Italia Viva, sono stati resi pubblici da qualche giorno. L’Anm li ha osservati con attenzione e a leggerne tre in particolare è passato un brivido per la schiena dei vertici. «Con gli emendamenti si propone separare del tutto le “carriere” di pubblico ministero e giudice; di reintrodurre un sistema di progressione per concorsi per esami, già abbandonato, per i rilevanti guasti prodotti in termini di esasperazione del carrierismo, sin dagli anni Sessanta del secolo scorso; di rendere diretta la responsabilità civile dei magistrati, e ciò non per rafforzare le pretese risarcitorie dei cittadini, già oggi meglio tutelate dalla responsabilità in prima battuta dello Stato, ma per intimidire il magistrato e indurlo a pavide cautele, distratto dal prioritario interesse di proteggere le proprie tasche».
I magistrati hanno insomma colto il rischio che al Senato, sull’onda del voto referendario del 12 giugno, si riscriva daccapo la riforma, e sarebbe ben diversa da quella che già non gli piace. Un rischio che M5S e Pd hanno ben presente, perché potrebbe aggregarsi una maggioranza trasversale, sommando il centrodestra, FdI compreso, i renziani e le più diverse opposizioni che hanno l’intento di far saltare tutto. «Si avverte - conclude l’Anm - l’amaro sapore di un progetto di riforma attraversato da sentimenti di rivalsa di talune espressioni delle forze politiche nei confronti della magistratura, a cui si addebita, al di là delle formali posizioni variamente argomentate, di aver osato esercitare un controllo di legalità senza riconoscere aree di sostanziale impunità, in fedele interpretazione dei principi costituzionali di legalità e di uguaglianza».
A fronte di questo pericolo, Santalucia e Casciaro hanno rivolto un appello all’unità. «È fortemente ingeneroso - dice Santalucia - definire lo sciopero un flop. Lo sciopero non è andato benissimo sotto il profilo delle adesioni, ma la finalità di parlare all'esterno l'abbiamo raggiunta. Ora dobbiamo rafforzare il passo, con la ricerca convinta dell'unità della magistratura; uno dei maggiori pericoli è rafforzare la frammentazione interna». Anche per il segretario Salvatore Casciaro non si può parlare di fallimento: «Lo sciopero andava fatto e questa scelta va rivendicata orgogliosamente». Parlano così alle correnti maggiori, molto deluse dall’andamento dello sciopero, a cominciare da Magistratura democratica. Ma soprattutto agli arrembanti del gruppo più recente, Articolo 101 (che sono degli eterodossi, e ad esempio vorrebbero il sorteggio per scegliere i rappresentanti dei magistrati al Csm). Proprio da questi è arrivato l’attacco più duro: «Lo sciopero - sono state le parole di Andrea Reale a nome di Articolo 101 - è stato clamorosamente una disfatta di questa dirigenza dell'Anm, che oggi è particolarmente delegittimata. Bisogna prendere atto del fallimento, dimettendoci tutti quanti».
A questo punto, il ritardo nell’approvazione della riforma - restando alle forme già votate dalla Camera - sarebbe il male minore per l’Anm. Ma pur sempre un male. «È stata imboccata una via di antistorica restaurazione burocratica della magistratura. Il tempo scorre e la legge tarda, ed è allora forte il pericolo che si andrà al rinnovo della composizione del Csm in carica, che sta per concludere il quadriennio, con la legge elettorale oggi in vigore, i cui vistosi difetti sono stati unanimemente riconosciuti».