L’allarme dei cori amatoriali di Trieste: «Troppa burocrazia, così l’attività è a rischio»
Applicata dal Comune la norma che prevede un piano di sicurezza obbligatorio per gli eventi in chiese o sale. L’Usci: «Difficoltà per un migliaio di volontari»
TRIESTE La burocrazia che indica le regole da seguire in materia di sicurezza rischia di zittire le voci dei coristi e di interrompere il suono degli strumenti delle piccole associazioni musicali e canore abituate a esibirsi nelle chiese o in altre sale, in locali in questo caso declinati temporaneamente al pubblico spettacolo.
La legge parla chiaro, anche se per i non addetti ai lavori la questione è intricata, e il tema è quello relativo al piano di sicurezza e di emergenza, con tanto di piano di evacuazione e misure antincendio. Fino ad oggi nessuna delle realtà locali, volendo proporre un piccolo evento musicale in una chiesa o in una sala spesso vocata ad altre funzioni, aveva mai presentato richiesta al Comune, allegando la documentazione prevista da anni dalle direttive nazionali. Stiamo parlando, in questo caso, di eventi a basso rischio, in locali con una capienza massima inferiore alle 200 persone, dove per organizzare un pubblico spettacolo non serve come per concerti o manifestazioni di superiore portata il parere della Commissione di vigilanza, bensì la relazione asseverata di un professionista abilitato che va a sostituire il parere della Commissione di vigilanza appunto. «Una prestazione professionale che prevede un costo di circa 500 euro – spiega Alma Biscaro, presidente di Usci, Unione società corali che a Trieste rappresenta una quarantina di cori amatoriali –, a cui si sommano eventuali costi di promozione e di Siae».
Il vaso di Pandora è stato scoperchiato dall’Orchestra di Venezia esibitasi mesi fa a Trieste. Abituata altrove a rispettare la normativa, ha presentato regolare richiesta al Comune, chiedendo dei dati alla Chiesa evangelica luterana dove si esibiva. Così la chiesa di largo Panfili ha scoperto che anche per esibirsi in quegli spazi serve seguire la trafila burocratica, informando poi a sua volta le associazioni che bussavano a quella porta per calendarizzare una serata. «È a rischio l’attività di decine di realtà – osserva Biscaro –: la normativa c’era ma non veniva posto il problema. Queste inadempienze mettono in grossa difficoltà la coralità triestina. Siamo un esercito di quasi mille persone, giovani e meno giovani, che volontariamente dedicano parte della loro giornata allo studio del canto, contribuendo a tramandarne le tradizioni». Biscaro precisa che la maggior parte dei cori «vive delle quote sociali versate dai coristi, e se fanno dei progetti di qualità una volta all’anno, grazie al fatto che la nostra Regione, unica in Italia, finanzia la coralità amatoriale, hanno accesso a un contributo che in media non supera i 1.500 euro».
In realtà, un modo per aggirare la burocrazia ci sarebbe: inserire delle preghiere o delle letture sacre tra un brano e l’altro, perché a quel punto non si tratterebbe più di spettacolo. Ma questo finirebbe in alcuni casi per snaturare l’esibizione. Il Comune, dal canto suo, non fa altro che attuare una normativa già esistente. La dirigente municipale Francesca Locci spiega come «sono gli organizzatori che se non dispongono di un locale già dotato di agibilità per pubblico spettacolo, devono attivarsi per renderlo anche momentaneamente tale, seguendo la procedura prevista a livello nazionale. I luoghi di culto – constata Locci – non sono luoghi di pubblico spettacolo, e nel momento in cui uno vuole organizzare lì un evento deve seguire la procedura autorizzativa, e noi non possiamo far altro che indicare l’iter». In caso di controllo gli organizzatori in mancanza dell’autorizzazione verrebbero sanzionati.
L’assessore alla Cultura Giorgio Rossi suggerisce alle diverse realtà corali e musicali «di far seguire un corso antincendio ad alcune delle persone che ruotano attorno alla loro attività, così da disporre direttamente di queste figure. Inoltre – valuta – una soluzione potrebbe essere quella di cercare nell’ambito della parrocchia, del coro o dei musicisti un professionista abilitato che venga incontro alle loro esigenze, dando una mano a queste realtà preziose per il nostro territorio».