La "schiscetta" degli studenti a chi dà fastidio?
foto da Quotidiani locali
"Quando capisci che il tuo tempo non è infinito, non puoi stare zitta per sempre...": basterebbe questa frase per andare oltre le polemiche troppo facili, le indignazioni in automatico, le promesse che non risolvono e le rassicurazioni che non confortano.
Con quella frase, scolpita dal dolore e intrisa di dignità, Giorgia Orsi, studentessa alle prese con una pesante patologia, ha riassunto quanto le è accaduto l'altro giorno in un'aula pavese. Dove non ha potuto consumare il pranzo che si era portata da casa. Cacciata via, perché le regole non lo consentono.
Le parole di Giorgia ci dicono quello che spesso preferiamo ignorare. Perché quel che è accaduto non deriva solo da regolamenti da correggere e da situazioni da sanare al più presto. E' conseguenza di una situazione ben più ampia e duratura. E' frutto avvelenato di una rimozione che ci interpella tutti. Investe infatti l'attenzione che le esistenze "fragili" e le "vite imperfette" che vivono accanto a noi devono e possono avere nelle diverse realtà, nelle comunità, nelle località in cui scorre la nostra quotidianità.
In quello che è accaduto a Pavia non c'è nulla di nuovo. Avviene ogni giorno in ogni lembo di questo nostro Paese. E in ogni ambito.
Perché, se nelle nostre dinamiche sociali ci sono angoli sghembi che feriscono, a essere colpite per prime, siatene sicuri, sono innanzitutto le "vite imperfette" che ci stanno accanto.
Se nei nostri spazi, fisici e professionali, ci sono gradini non scalabili, se ci sono spigoli di regole che respingono e e ruvidità di pensieri e di modi che offendono, ad esserne colpiti più di tutti sono proprio coloro che già portano zavorre pesantissime. Date da patologie contro le quali stanno combattendo, come Giorgia. O da disabilità e fragilità di ogni tipo. Quelle che rendono ogni momento della vita quotidiana una sfida impegnativa, una prova defatigante. E, spesso, purtroppo, una sconfitta prevedibile.
Per tutti questi motivi occorre che quello che è accaduto trovi soluzione. Andando oltre polemiche e strumentalizzazioni.
Quello che è accaduto a Giorgia va analizzato, sanando al più presto la situazione da cui scaturisce ma, altresì, facendone occasione di un confronto serio. Capace di interpellare l'intera comunità pavese. A cominciare, ovviamente, da chi ne ha la rappresentanza nelle istituzioni territoriali, nelle realtà sanitarie e dell'assistenza. Sino a tutti i contesti sociali, economici e produttivi. Perché simili ferite alle "vite fragili" si registrano ogni giorno, e in ogni ambito. E non solo per il sacrosanto diritto a disporre di uno spazio comune dove mangiare da quella "schiscetta" che non faceva certo timore né ai nostri padri né ai nostri nonni.
Ma, tornando al caso scoppiato nell'aula pavese, non vi pare incomprensibile che la mano pubblica, nonostante abbia il problema sotto gli occhi da anni, non sia stata ancora in grado di proporre, per ospitare la pausa pranzo di studenti che per motivi vari portano il pasto da casa, luoghi adeguati e GRATUITI? Coinvolgendo non solo l'università ma tutti gli stake-holders del centro urbano?
Eppure la mano pubblica ha concesso generosamente, affinché non fossero penalizzate eccessivamente dalla pandemia, spazi urbani di proprietà comunale a quelle attività commerciali che alla fine hanno fatto del centro storico un unico "dehors".
Un "dehors diffuso" che ha sancito la "movida" come unico modello di vita sociale urbana offerto ai giovani in questi ultimi anni.
Un modello dove - a differenza del "ritorno alla schiscetta" che sta forse tentando le nuove generazioni - tutto si paga e costa. Spesso, ben di più di quel che vale. Spiegando così, in concretissimi soldoni, l'ostilità - di qualcuno - alla "schiscetta". E al pranzo fai da te.