Anziani uccisi con le iniezioni, l’ex anestesista Campanile condannato a 15 anni e 7 mesi. Ecco cosa dice la sentenza
L’ex medico del 118 di Trieste ritenuto responsabile dell’omicidio dei pazienti con potenti sedativi
TRIESTE. Ha seguito la lettura della sentenza fermo, quasi sull’attenti, come un alunno all’interrogazione a scuola che prende un brutto voto dal professore. Invece era una Corte di assise, un giudice che pronunciava una sentenza. Il monfalconese Vincenzo Campanile, l’ex anestesista del 118 di Trieste a processo con l’accusa di aver ucciso nove anziani con iniezioni di potenti sedativi, tra cui il Propofol – anziani uccisi durante gli interventi di soccorso domiciliare – ieri è stato condannato in primo grado a 15 anni e 7 mesi di reclusione. È stato il giudice Giorgio Nicoli a scandire la sentenza, con a fianco il collega Francesco Antoni e i giudici popolari.
Decisione difficile
Una sentenza tutt’altro che semplice da formulare visto che la corte si è presa la mattinata e metà pomeriggio per arrivare a una decisione.
Nella condanna sono compresi tutti i nove casi di omicidio volontario contestati nel processo ma anche i falsi in atto pubblico (tranne due prescritti): perché l’ex medico non aveva riportato nei verbali l’utilizzo dei medicinali considerati letali.
I nove decessi
I nove decessi sospetti, analizzati uno a uno nell’indagine, risalgono al periodo tra il novembre 2014 e il gennaio 2018. L’inchiesta era iniziata dopo la morte dell’ottantunenne Mirella Michelazzi soccorsa il 3 gennaio 2018 all’interno della casa di cura “Mademar”. Campanile le aveva somministrato il Propofol, come testimoniato dal personale sanitario presente in quel momento e come riscontrato in autopsia. I colleghi dell’anestesista, poi, avevano segnalato il caso all’Azienda sanitaria. Ed è così che è scattata l’indagine della Procura. Gli inquirenti erano risaliti ad altri otto casi ed erano state riesumate cinque salme. Il Propofol era stato rintracciato in tutti i cadaveri.
Prove pesantissime
I pm si sono quindi presentati davanti alla Corte con prove pesantissime. Durante la requisitoria, nelle battute finali del processo, Bacer ha peraltro ricordato che la somministrazione del Propofol a Michelazzi era stata ammessa dallo stesso Campanile: il magistrato aveva fatto riferimento a una telefonata intercettata, nella quale affermava che la dose somministrata può avere effetti letali se non si interviene. Il movente? Per Bacer la condotta sarebbe stata «espressione di una scelta ideologica».
Pena ridotta
Quindici anni e 7 mesi di reclusione, dunque. In un certo senso “poco” se la Corte di assise ha ritenuto Campanile responsabile di ben nove omicidi volontari. Quindi? In effetti il pm Cristina Bacer, che aveva condotto le indagini con la collega Chiara De Grassi, aveva chiesto una condanna a 25 anni e 6 mesi di reclusione. Ma la Corte alla fine ha riconosciuto due attenuanti: quelle generiche e, soprattutto, quelle previste dall’articolo 62 n°1 del Codice penale; cioè «l’aver agito per motivi di particolare valore morale o sociale».
Anziani in punto di morte
Cosa significa questo? In attesa delle motivazioni della sentenza, l’unica spiegazione al momento possibile è che secondo i giudici l’ex anestesista, con quelle iniezioni, intendeva accelerare il decesso dei pazienti che soccorreva: anziani affetti da patologie, in condizioni di improvviso peggioramento e – si presume – ormai in punto di morte. Siamo quindi dinnanzi al riconoscimento di un caso (anzi, più casi) di eutanasia, senza il consenso del paziente e dei familiari? Il tema c’è.
«I giudici hanno lavorato davvero molto e con grande scrupolo a questo processo, dedicando numerose udienze», osserva il procuratore Antonio De Nicolo. «E sicuramente la sentenza è frutto di ponderazione. La Procura – aggiunge – è comunque rimasta sorpresa per il riconoscimento di quella particolare attenuante, meditiamo se proporre impugnazione».
Pronto l’appello
La vicenda è destinata già a finire in appello, visto che i legali di Campanile, gli avvocati Alberto Fenos e Manlio Contento del Foro di Pordenone, preannunciano il ricorso. «Non ci aspettavamo questo esisto – si limita a dire l’avvocato Fenos – faremo appello».
Interdizione e risarcimenti
L’ex anestesista è stato condannato anche all’interdizione perpetua dei pubblici esercizi ed è stato interdetto dall’esercizio della professione medica per cinque anni. A ciò si aggiunge la condanna in solido con l’Asugi al risarcimento danni ai famigliari delle vittime (difesi dagli avvocati Antonio Santoro, Maria Genovese e Giuliano Iviani), da definire in sede civile. Campanile dovrà anche risarcire l’Asugi, costituita parte civile per il danno subito dal comportamento del medico. Serviranno quindi altre cause per le quantificazioni. «Prendiamo atto della sentenza – dice l’avvocato Giovanni Borgna (che tutela l’Asugi nella doppia veste di parte civile e responsabile civile) – ricordo che è stata l’Azienda sanitaria a segnalare il caso alla Procura quando è emerso. Valuteremo le motivazioni e la strada processuale migliore».