Perotto: «Cammino super del Rugby Feltre, ora teniamo nelle ultime sei gare»
foto da Quotidiani locali
All’inseguimento del metaman del girone 3 della B, ossia di Andrea Garlet, autore fin qui di tredici marcature pesanti, ci sono altri due portacolori del Rugby Feltre, l’estroso Geordie Della Dora e il talentuoso Giorgio Perotto, saliti a sette segnature, alle spalle del duo del Franciacorta, Shevchuk e Frassine.
Quello di Giorgio Perotto è stato un ritorno importante e nonostante gli impegni universitari di Medicina a Verona, il trequarti centro sta assicurando un contributo notevole.
Seppur ancor giovane, Perotto ha maturato una notevole esperienza, che gli consente di esprimere un giudizio ponderato sul pezzo di stagione del Rugby Feltre fin qui disputato.
«Dobbiamo essere fieri di tutto il lavoro che è stato fatto, perché nel passato recente non ho ricordi di una squadra che, da neopromossa, si sia trovata ai vertici della classifica e di questo dobbiamo essere orgogliosi, soprattutto quelli che sono sempre presenti al campo, perché io mi alleno le volte in cui torno a casa e ho un ruolo un po’ più marginale».
Cosa ti attendi dalle ultime sei partite di campionato?
«Dobbiamo guardarci in faccia, perché abbiamo appunto fatto un lavoro che è clamoroso e possiamo essere tranquilli e felici del nostro percorso. C’è molto ottimismo, portato dai risultati e dalla comunità che si è costruita attorno al Rugby Feltre, con la bella situazione che c’è intorno alla squadra. Se decidiamo che dobbiamo sognare, allora bisogna lavorare ancora ed essere mentalmente pronti ad affrontare altre battaglie. Io sto con i piedi per terra, perché sarà ancora dura, molto dura, perché abbiamo ancora tutti gli scontri diretti da disputare e l’unico scontro diretto che abbiamo fatto nel girone di ritorno non è andato come volevamo, anche se un punto lo abbiamo portato a casa. Ci può stare perdere con il Franciacorta, ma in questo momento ci troviamo con una rosa che è un po’ limitata, soprattutto i ragazzi in prima linea stanno facendo gli straordinari, per via degli infortuni, per cui queste due settimane sono arrivate al momento giusto per rifiatare e recuperare qualche giocatore».
Hai già visto la serie A, assaggiata a Verona. Che ricordo hai del club scaligero e della categoria superiore?
«Il Verona è una società che ha un budget superiore alle altre squadre di A e dall’esperienza che ho maturato si tratta di una società seria, che lavora in maniera professionistica, che ha delle strutture all’avanguardia in Italia e l’impostazione del lavoro è gestita da squadra professionista. Quello che mi ha fatto tornare a Feltre è che non si sente quell’affetto e quel senso di comunità che si trova da noi, con il Boscherai sempre pieno quando giochiamo in casa, il pubblico che ti saluta, si complimenta e si nota che siamo integrati all’interno della città. A Verona questo accade meno, certamente anche per le dimensioni della città. Nel periodo in cui ho giocato lì, la prima squadra puntava a salire, per cui non ho fatto grandi minutaggi in A. Il livello è un po’ più alto, rispetto alla serie B, fisicamente gli impatti sono superiori e fondamentalmente molte squadre si basano sulla mischia, per cui è sufficiente avere un 10 con un piede e una mischia pesante per cercare di raggiungere gli obiettivi prestabiliti, nel senso che parecchie squadre da anni riescono a rimanere in A lavorando proprio sul pack e con un’apertura che, nel gioco al piede, sia efficace. Per una squadra come la nostra, che si caratterizza per le gambe e l’entusiasmo, è chiaro che eventualmente, a seconda dei risultati che raggiungeremo, andranno fatte le opportune valutazioni».
Un tour in Sudamerica con la nazionale under 18 e il Seven di Nairobi. Non mancano i ricordi in maglia azzurra.
«Sono esperienze che porterò sempre con me, che mi hanno fatto crescere e capire che serve tanto lavoro per arrivare lì e altrettanto, poi, per andare avanti. Una cosa che direi ai giovani che stanno intraprendendo percorsi simili è di non fermarsi ai primi stop, perché ci stanno, perché si è in una fase di crescita sia fisica, sia mentale, per cui è importante concentrarsi su se stessi, lavorare e i risultati, se ci si crede, possono arrivare. Anche per quanto riguarda il viaggio in Kenya con la nazionale Seven, fu un’esperienza mostruosa, sotto la guida di Andy Vilk, che ci faceva lavorare molto sulle skills e che mi consentì di comprendere quanto ancora dovessi migliorare. È stata una grande soddisfazione, ma alla fine arriva il momento delle scelte e sono contento di essere tornato a Feltre».