Partecipò agli scontri allo stadio Friuli durante Udinese-Napoli: tifoso partenopeo condannato a 18 mesi
Un 32enne residente a Nusco (Avellino) era accusato di essere entrato esibendo un documento di identità falso, con un cappellino in testa che ne celava il viso per eludere i provvedimenti di Daspo a suo carico: al termine della partita aveva scavalcato la recinzione per l’invasione di campo
UDINE. Una prima richiesta di messa alla prova era fallita. Emanuele Iasevoli, 32enne residente a Nusco, in provincia di Avellino, tifoso del Napoli gravato da due Daspo e, nonostante questo, accusato di avere presto parte non soltanto alla partita Udinese-Napoli che, il 4 maggio scorso, decretò l’assegnazione dello scudetto ai partenopei, ma anche agli scontri che ne seguirono, decise allora di imboccare la strada del rito abbreviato.
Mercoledì 22 novembre è arrivata la sentenza. E cioè la condanna a 1 anno e 6 mesi di reclusione inflitta dal gup del tribunale di Udine, Matteo Carlisi, a fronte dei 3 anni chiesti dal pm Annunziata Puglia.
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Difeso dall’avvocato Emilio Coppola, Iasevoli era chiamato a rispondere di essersi introdotto allo stadio Friuli esibendo un documento di identità falso, presentandosi con un cappellino in testa che ne celava in parte il viso per eludere i provvedimenti di Daspo a suo carico, e, al termine della partita, dal settore ospiti in cui si trovava, di avere scavalcato la recinzione, rendendosi protagonista dell’invasione di campo che ne era seguita e scontrandosi con la tifoseria friulana con una cintura in mano, adoperata appunto per sferrare colpi a destra e a manca.
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Era stata l’attività d’indagine condotta dagli agenti della Digos della Questura di Udine a portare alla sua identificazione.
Iasevoli era risultato destinatario dell’obbligo di dimora nel Comune di Napoli e di due provvedimenti di Daspo: il primo emesso dalla questura di Firenze a febbraio 2020 per la durata di otto anni e il secondo emesso dalla questura di Napoli nel gennaio 2023 per la durata di cinque anni.
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Rintracciato dalla polizia a casa della sorella, al momento dell’arresto, pochi giorni dopo gli scontri, aveva tentato di sottrarsi alla cattura scappando sui tetti attraverso una finestra. Il 9 maggio, il giudice per le indagini preliminari di Nola aveva firmato l’ordinanza di applicazione nei suoi confronti della misura degli arresti domiciliari, dichiarando l’incompetenza territoriale.
Gli atti erano quindi passati al collega di Udine che, nel disporre la custodia in carcere, aveva evidenziato la necessità di porre un freno alla sua spregiudicatezza. Nei suoi confronti era stato emesso un ulteriore Daspo per 10 anni.