Da squadra di A al flop di Latina, Pallacanestro Trieste al bivio: ora ci deve credere
foto da Quotidiani locali
TRIESTE. Estate 2023. «Una squadra di serie A1 per vincere la A2».
«La scelta di Jamion Christian risponde agli obiettivi della società e al gioco che ha in mente per Trieste il nostro General Manager. Si tratta di una scelta coraggiosa, rivoluzionaria, capace di dare sostanza a quello che è il nostro motto: una rinascita della Pallacanestro Trieste che passa attraverso la sfida e la volontà di fare al meglio. È una scelta che sono certo i nostri tifosi ameranno in breve tempo, perché Jamion promette di portare a Trieste il suo eccezionale stile».
Inverno 2024. La Pallacanestro Trieste in 26 partite di campionato ha un bilancio di 15 vittorie e 11 sconfitte. Undici. Tutt’altro che una corazzata. Dell’«eccezionale stile» di coach Christian scelto dal gm Michael Arcieri e che aveva spinto il presidente Richard de Meo a quell’entusiastica presentazione, beh, nessuna traccia. Quanto alla previsione che «i tifosi ameranno in breve tempo» sono trascorsi mesi, di sicuro c’è solo una progressiva inesorabile disaffezione con uno svuotamento degli spalti.
La sconfitta a Cisterna di Latina contro l’ultima in classifica è il punto più basso di una stagione che raramente ha visto picchi verso l’alto da parte dei biancorossi. Trieste è insieme a Treviglio, prossima avversaria domenica a Valmaura, la squadra delusione dell’A2. Lo dicono i fatti, non sono soltanto opinioni. Nessuno si diverte a sparare sulla PallTrieste ma nessuno può permettersi di non guardare crudamente in faccia la realtà.
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La lista degli errori è lunga. Quella delle responsabilità anche. Jamion Christian è un soggetto amabile, un grande appassionato, può darsi che davvero gm e società fossero convinti che potesse essere la persona giusta ma non in questo posto e non in questo momento. Nessuna esperienza di squadre senior, nessuna esperienza europea. In sostanza, è inadeguato per il compito. Soprattutto per vincere una A2 italiana. Però non è arrivato per caso. La scelta della via americana per la panchina è stata voluta e ponderata dalla dirigenza. L’esame dei candidati si è protratto un mese. Le possibili alternative italiane sono state scartate, privilegiando da subito l’american way of life. Eppure, lanciamo una provocazione, questa squadra con Legovich - il coach della retrocessione - ancora in panchina adesso sarebbe alla pari con Udine.
Il metodo di allenamento concentrato in tre ore in unica sessione giornaliera inizialmente andava bene a tutti, giocatori compresi, ma i successi nascono spesso, invece, da forti contrapposizioni. Il “volemose bene” non mette pressione ma quando le cose cominciano a non girare diventa una trappola. Chi si accoccola poi fatica a rialzarsi e ruggire. Ci sarebbero stati un paio di confronti tra la squadra, i tecnici e la dirigenza in questi mesi, l’ultimo dei quali prima della gara contro Cantù. Ma l’effetto è durato i 40 minuti in Brianza. A Latina si è vista una squadra senza anima nè identità, in cui solo i due giocatori con lo spirito più operaio, Vildera e Deangeli, si sono guadagnati la sufficienza. Riprendersi dopo una scoppola così non sarà facile, così come riguadagnare credito e fiducia. Per provarci, però, prima serve una profonda spietata autocritica e trovare soluzioni pensando al risultato finale senza sentimentalismi. Anche perchè è possibile che dal mercato non arrivino stampelle. Nè Reyes può guarire da solo tutti i mali.