A Mestre la scuola multietnica contro Salvini: «Assurdo il tetto agli stranieri»
All’Ic Caio Giulio Cesare di Mestre il 65% di studenti è di origine straniera. La preside: «Una ricchezza»
Cosa succederebbe, a Mestre, se venisse applicata l’intuizione del leader della Lega Matteo Salvini di limitare al 20% il numero di alunni stranieri per classe?
«Non esiste, è una proposta che non tiene conto del contesto attuale». A rispondere è Michela Manente, dirigente scolastica dell’Istituto Comprensivo Caio Giulio Cesare, in via Cappuccina, a Mestre. Scuola che conta 1.017 alunni tra infanzia (237), primaria (360) e secondaria (420), e che negli ultimi anni ha visto circa il 65% di studenti di origine straniera. Percentuale su cui la dirigente sorvola, spiegando come ancora troppo spesso questa si trasformi in un’etichetta, che viene appiccicata sopra la scuola e comporta una serie di pregiudizi duri a morire. «Le persone spesso credono ancora che avere classi multietniche significhi rallentamenti nei programmi, ma non è così. Questi bambini sono un arricchimento per i loro compagni e per la nostra scuola, altrimenti rischieremmo di avere una riduzione della popolazione scolastica».
Le parole di Salvini arrivano poco dopo il plauso del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla scuola di Pioltello (Milano) che ha deciso di chiudere per la festa di fine Ramadan. «Un discorso pericoloso, quello di Salvini» continua Manente, «dovremmo fare in modo che questi studenti diventino i nuovi cittadini italiani» ribadisce. Non solo, per la preside si apre tutta una questione non certo di poca importanza: «Chi è l’alunno straniero?» si chiede e chiede al leader della Lega, facendo presente che si tratta di «bambini e ragazzi stranieri solo perché non hanno la cittadinanza, ma sono italiani, nati e cresciuti qui».
Insomma, lo Ius Soli che non è mai piaciuto a Salvini torna sul tavolo, anzi, sui banchi di scuola, con la preside che sottolinea come bisognerebbe dargliela, la cittadinanza, «almeno per merito scolastico».
Certo, accanto a questi alunni ci sono anche quelli che sono arrivati da poco in Italia e non sanno la lingua. «Su questi si potrebbe mettere un tetto, ma sono davvero pochissimi, costituiscono l’1% del totale» spiega, aggiungendo che il Ministero dell’Istruzione ha sempre dimostrato grande attenzione al tema dell’integrazione scolastica, con i protocolli per gestire i casi dei nuovi arrivati in Italia (Nai) e per l’orientamento interculturale.
D’altronde - e di questo la dirigente ne è convinta - è dalla scuola che passa l’integrazione all’interno della società, non solo degli studenti ma anche delle loro famiglie. E, ancora, la classe è una riproduzione in scala del mondo che c’è fuori. Un piccolo ecosistema dove si impara a convivere con culture e religioni differenti, dove si apprendono delle regole e l’importanza del rispetto per gli altri. Dove si capisce che non esiste un solo modo di pensare, di parlare, di vivere. «E se le togliamo tutto questo, cosa resta?