Il caso del ministro serbo fermato dalla polizia croata
foto da Quotidiani locali
BELGRADO Un ministro fermato della polizia di un Paese Ue, solo per aver tentato di rendere omaggio alle vittime di quello che fu uno dei più terribili lager su suolo europeo durante la Seconda guerra mondiale – almeno 80 mila eliminati, tra serbi, rom ed ebrei. È il caso – destinato a far discutere e a incendiare i già tesi rapporti tra Zagabria e Belgrado – che ha coinvolto il ministro serbo per i rapporti con la Diaspora, Djordje Milićević, incappato in quella che si sta trasformando in una spinosa questione diplomatica.
I dettagli sono stati resi pubblici dal governo serbo e Milićević, da parte sua, ha divulgato su Facebook un video dell’incidente che lascia poco margine ai dubbi. Il ministro, ha così spiegato il governo di Belgrado, era arrivato domenica in Croazia appunto per visitare Jasenovac e rendere «onore ai serbi uccisi nell’infame campo dello Stato indipendente di Croazia» del “duce” ustascia Ante Pavelić e per parlare con la piccola comunità serba che vive nei dintorni del paesino di Novska. I piani sono però stati stravolti dall’intervento a sorpresa «di tre auto della polizia croata» e di un numero consistente di agenti, che «hanno fermato il furgone» su cui viaggiava Milićević proprio «all’ingresso del memoriale» di Jasenovac, ha stigmatizzato l’esecutivo serbo in una nota.
Maggiori dettagli sono stati svelati dal video postato da Milićević e circolato rapidamente su tutti i media serbi. «Bando alla ciance, c’è una stazione di polizia a Novska, potete andare lì e presentare un reclamo», si sente dire a un poliziotto croato rivolto al ministro serbo. Un altro, non visibile nel filmato, sembra poi giustificarsi, aggiungendo che il “fermo” «non dipende da noi», ma sarebbe il risultato di un ordine arrivato «dall’alto». «Cosa significa dall’alto?», chiede allora Milićević, specificando di essere venuto in Croazia «come cittadino e come serbo, per visitare Jasenovac e accendere una candela in ricordo delle vittime degli ustascia». «C’è una gerarchia, non so se nella polizia o nel ministero dell’Interno, non sono dentro a queste cose», replica l’agente.
Secondo quanto riportato dalla Tv pubblica di Belgrado, la polizia croata avrebbe infatti addirittura ordinato alla scorta del ministro serbo «di fare marcia indietro e di dirigersi verso il valico di Bajakovo, senza fermarsi sul territorio della Repubblica di Croazia». La polizia si sarebbe anche giustificata, spiegando che Milićević, personalità istituzionale e dunque da proteggere in maniera particolare, «non può visitare Jasenovac» come un cittadino comune.
Caso Milićević che rischia ora di esplodere, mentre Zagabria si è limitata a confermare che «la visita a Jasenovac non era in programma» e per questo è stata vietata. Lo hanno confermato le parole del ministro degli Esteri serbo, Ivica Dačić, durissime. «Non è un incidente, ma la politica ufficiale della Croazia di negazionismo dei crimini e del genocidio contro il popolo serbo», ha detto Dačić, anticipando che Belgrado ha inviato una durissima nota di protesta, giunta ieri a destinazione.
Nota che arriva dopo che nei mesi scorsi altre cadute di stile avevano incrinato i già fragili rapporti bilaterali. Fra quelle più recenti, le sagome di Putin e del presidente serbo Vučić bruciate al Carnevale di Kastel Stari, in Croazia, ma anche l’attacco a gamba tesa del ministro degli Esteri croato, Grlić-Radman, contro il presidente serbo, accusato di essere un «servitore» del Cremlino.