Iva evasa per 2,1 milioni di euro, riparte in appello il processo per Vidoni e Soldati
foto da Quotidiani locali
A escludere responsabilità penali, rispetto al mancato versamento dell’Iva, nel solo anno d’imposta 2014, per oltre 2,1 milioni di euro, che in primo grado era costato all’imprenditore Marco Vidoni, oggi 63enne, e al manager Franco Soldati, 64enne, 1 anno di reclusione l’uno, era stata la cosiddetta “rottamazione dei ruoli”. Decisa dal Governo Meloni, la tregua fiscale aveva introdotto una procedura agevolata con la quale, a fronte dell’avvenuto pagamento integrale delle somme dovute, era (ed è) possibile applicare la causa di non punibilità.
E così era stato: lo scorso 27 aprile, la Corte d’appello di Trieste aveva dichiarato il «non doversi procedere» per entrambi gli imputati. Chiudendo senza più strascichi il processo sulla presunta evasione dell’Iva da parte della storica impresa di costruzioni “Vidoni spa” e della sua controllata “Firmo-Sibari società consortile a rl”, fallite nel 2016.
Ora, a riaprire i giochi è la Corte di Cassazione, cui la Procura Generale di Trieste si era appellata e che, ritenendone fondato il ricorso, ha annullato la sentenza con rinvio per un nuovo giudizio ad altra sezione della stessa Corte d’appello giuliana. A monte, secondo la pubblica accusa, l’estraneità del caso alla nuova disciplina, ossia al decreto legge 34 del 2023. Ed è stato proprio il quadro normativo cui i giudici di secondo grado, nel motivare la decisione, si sono richiamati quale presupposto applicativo della causa di non punibilità a essere risultato «non corretto» e a determinare quindi un’errata interpretazione della rottamazione. Che risponde «non tanto all’esigenza di offrire una generica sanatoria penale con effetto retroattivo – aveva argomentato il pm Fulvio Baldiche –, bensì all’intenzione di incentivare, attraverso una misura premiale, l’utilizzo delle procedure disciplinate dalla cosiddetta legge di bilancio 2023».
Niente più che un equivoco confluito nelle pagine della motivazione della sentenza, secondo la difesa, rappresentata dall’avvocato Maurizio Conti, che nell’invocare a propria volta la speciale causa di non punibilità, già in sede d’appello aveva dimostrato come il debito d’Iva fosse stato integralmente saldato dalle procedure fallimentari attraverso i riparti dell’attivo e non certo facendo ricorso alla rottamazione quater.
Da qui, la certezza di approdare all’appello bis con le carte in regola per replicare il risultato di un anno fa (quando, con la revoca del provvedimento di confisca, gli aventi diritto si erano visti restituire tutti i beni, tra case di residenza, denaro e polizze assicurative). «Gli imputati – afferma l’avvocato Conti – potranno far valere nel nuovo giudizio d’appello l’effetto della rottamazione quater introdotta dalla legge di bilancio 29 dicembre 2022, numero 197, senza ricevere alcun pregiudizio dalla pronuncia della Cassazione».