Mestre, parrucchiere rapinato in casa: «I soldi o ti ammazzo»
«Il primo è entrato come se fosse a casa propria, me lo sono trovato davanti dal nulla e ha iniziato a minacciarmi, a pretendere soldi. Diceva “Dammi 200 euro, subito, o ti ammazzo di botte”. Il secondo è arrivato poco dopo, quando il suo collega aveva già iniziato a colpirmi: mi hanno sbattuto fuori, in giardino, riempito di calci e di pugni, mi hanno picchiato con un ombrello e lasciato sul terreno, tremante. Mi hanno portato via tutti i soldi che avevo nel portafoglio, il bracciale che portavo al polso, il cellulare, sono ancora dolorante e, soprattutto, sconvolto: è possibile venire aggrediti così, in casa propria?».
Pasquale, parrucchiere di professione, a 24 ore dall’assalto che l’ha lasciato ferito e sotto antidolorifici parla ancora con la voce tremante di chi deve riprendersi, pur essendo tornato a lavorare.
L’uomo, 64 anni, vive e lavora nello stesso edificio, una casa singola a Campalto, che al pianterreno ospita il salone e al primo piano le camere; lunedì mattina, però, l’attività era chiusa, lui si trovava negli ambienti “domestici” quando è stato raggiunto dal suo aggressore: «Stavo pulendo casa», racconta, «avevo il cancello del giardino socchiuso e evidentemente questo personaggio ne ha approfittato. Mi si è parato davanti e ha preteso soldi: era straniero, forse indiano o pakistano, parlava con forte accento ma il tono violento era chiarissimo. Voleva 200 euro, li pretendeva con tanta foga da destabilizzarmi, tanto che come prima reazione gli ho chiesto perché. Poi, quando ho provato a rifiutare, ha iniziato a colpirmi».
Allora è subentrato anche il complice, fino a quel momento rimasto in attesa all’esterno: «In due mi hanno trascinato fuori e picchiato selvaggiamente. Io non ho reagito, non è nel mio carattere, anzi dopo un po’ ho fatto per aprire il portafoglio per dare loro quello che volevano.Mi hanno preso tutto, quasi duemila euro, poi si sono portati via anche telefono e braccialetto».
Pasquale ha urlato chiedendo aiuto, ma il vicino è arrivato solo a pestaggio concluso, quando ancora era steso sul prato, tremante: «Potevo solo gridare, senza più il cellulare non sapevo cosa altro fare. D’altronde quando avevo provato a dire ai due banditi che avrei chiamato la polizia mi hanno risposto “fai pure”, e infatti come potevo, senza il telefono?».
Poi però le auto della questura sono arrivate, e Pasquale stesso si è presentato al commissariato di via Ca’ Rossa nel pomeriggio per sporgere denuncia. É andato anche al pronto soccorso, dove gli hanno dato diversi giorni di prognosi, antidolorifici e calmanti. «Ma io devo continuare a lavorare», sospirava ieri, «Non posso stare a riposo».