Zaia esce allo scoperto: «Non voterò Vannacci alle elezioni europee»
foto da Quotidiani locali
Le uscite di Vannacci? «Il “generale”, come ama farsi chiamare. E lo dico da obiettore di coscienza» puntualizza, ironico, il presidente Zaia, per poi rispondere alla domanda: «Alcune sue dichiarazioni non le posso condividere: penso alla proposta di classi separate per i disabili, alla definizione di Mussolini come uno statista...».
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I principi inderogabili del generale – e quindi patria e nazione, ma non l’autonomia? «Chi è contro l’autonomia è contro la Costituzione. E questo vale per tutti, anche per il generale» prosegue il governatore veneto. E ci sta pure lo spazio per un commento al monito del presidente Mattarella – «Una separazione delle strade tra territori del Nord e territori del Meridione recherebbe gravi danni agli uni e agli altri» –, a cui Zaia risponde così: «Il presidente ha ragione. Sarebbe dannoso avere due Paesi che vanno per conto loro, ma questo non accadrà. E poi sono gli studiosi a dire che il federalismo unisce, mentre il centralismo disgrega».
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Centralismo, appunto: che tanto rimanda a quell’idea di identità nazionale, che è principio inderogabile per il generale. Generale candidato alle Europee per la Lega, appunto; conseguenza anche del “gran rifiuto” di Zaia alle lusinghe di Salvini. «Ricordo che il generale è candidato come indipendente – puntualizza ancora il governatore veneto – La Lega ha i suoi valori, Vannacci avrà i suoi».
E, infine, la domanda che riassume tutte le altre: Luca Zaia, alle elezioni europee, voterà il generale Roberto Vannacci? «Mi sentirei un peccatore a votare un candidato non veneto. Qui abbiamo dei bei candidati, non serve andare fuori per scegliere. E io sceglierò i veneti».
In ogni caso, eccolo qui, dopo fiumi di parole, dopo le barricate alzate, dopo le invettive: eccolo qui, lo “Zaia pensiero”.
Tutto riferito poi a Roberto Vannacci, che risponde con un apparente disinteresse: «Me ne farò una ragione». Ma che poi tiene ad argomentare: «I leghisti arriveranno a una sintesi. E, una volta che saranno decise tutte le posizioni, sono pronto a un lavoro in sinergia e in totale comunanza di intenti con queste persone».
Intanto, però, Zaia è uscito allo scoperto. Dopo le barricate alzate dagli assessori regionali, dal ministro Giorgetti, pure dal suo omologo in Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga. «Ma io sono sempre stato abituato a commentare le cose quando queste sono definite» quasi si giustifica il presidente veneto, «Adesso la lista della Lega del Nord Est è definitiva, è stata depositata ed è una bella lista. Ci sono tanti amministratori locali e persone motivate a portare avanti i temi dell’identità e dell’autonomia, i temi del territorio. Le componenti per fare bene ci sono tutte».
Eppure, significherebbe nascondere la testa sotto la sabbia non ammettere che l’approdo alla definizione dei candidati non è stato un navigare in un mare in tempesta. Soprattutto, segnato da un tentativo di ammutinamento al capitano (anzi, il Capitano con la “C” maiuscola: Matteo Salvini), che ha tentato l’azzardo più grande: schierare in tutte le circoscrizioni Roberto Vannacci. Il generale che propone le classi separate per gli studenti disabili. Che dice che gli omosessuali «non sono normali». Quello per cui le femministe sono delle «moderne fattucchiere». O per cui i tratti somatici della pallavolista Paola Egonu «non rappresentano l’italianità». Un campionario vasto ed eterogeneo, non c’è che dire.
Zaia, il governatore che cercò di rendere il Veneto la prima regione con una legge sul fine vita, ammette di non pensarla così; ma comunque cerca di tenere i toni bassi, com’è nella sua indole: «La scelta di Vannacci è stata fatta dal segretario Salvini e va rispettata».
E poi glissa: «Se io lo avrei candidato? Per rispondere a questa domanda, avrei dovuto essere segretario» replica. Che è anche un po’ un modo per rispondere a quanti lo immaginano con un ruolo di partito, nel caso in cui i militanti della Lega dovessero “chiedere la testa” (è una metafora) di Salvini, dopo un’eventuale débâcle europea.