Il ritorno di Fabio Concato a Udine: «Una terra che amo molto»
foto da Quotidiani locali
«Non capita così spesso di venire in Friuli, quindi mi fa un enorme piacere»: Fabio Concato, uno dei cantautori più apprezzati della musica italiana, torna in regione col suo “Musico Ambulante Tour”, oggi mercoledì 8 alle 21 al Teatro Nuovo Giovanni da Udine (un evento realizzato in collaborazione con Good Vibrations Entertainment).
Un viaggio emozionante tra i grandi successi dell’artista milanese, “Domenica bestiale”, “Fiore di maggio”, “Guido piano”, “Rosalina”, “051/222525”, “Sexy tango”, “Gigi”, fino all’ultimo album del 2012 “Tutto qua”. Con lui sul palco Ornella D’Urbano (arrangiamenti, piano e tastiere), Stefano Casali (basso), Larry Tomassini (chitarre) e Gabriele Palazzi Rossi (batteria).
Ha un ricordo particolare che la lega al Friuli?
«Un tour allestito lì una ventina d’anni fa: restammo una settimana, facendo prove e tenendo poi la data zero a teatro. Gli organizzatori ci fecero fare un tour enogastronomico da diventare matti dalla bontà e dal divertimento. Non conoscevo bene il cibo e il vino friulano e ho scoperto un mondo che non ho più scordato».
Questo “Musico Ambulante” è proprio inarrestabile?
«Ai concerti mi diverto sempre tantissimo, dalla data a Trieste due anni fa, ne ho fatte almeno altre 170. Andremo avanti fino a giugno. E a novembre un nuovo spettacolo teatrale, in cui al di là dei 12 classici che non posso non fare, ci saranno mie canzoni meno note, una novità che mi piace molto».
Quei famosi 12 pezzi che se non esegue “la picchiano”?
«Racconto sempre di quella volta che non ho fatto “Domenica Bestiale” e qualcuno mi ha avvicinato dicendomi “Guardi maestro che io avrei pagato il biglietto anche per sentire quella”».
Gino Paoli aveva profetizzato che le sarebbe successo?
«Mi disse: “Non ne potrai più. Per i prossimi 40-50 anni te la chiederanno. Sarà un privilegio enorme ma arriverai a un punto in cui non ce la farai più a cantarla”. Gli chiesi se scherzava, non riuscivo a crederci. Quando è accaduto non l’ho inserita in due tour, era come se volessi disintossicarmi un po’. È stato sufficiente prendersi una pausa. Poi l’ho manomessa, con qualche piccola modifica, un suono nuovo e me ne sono rinnamorato».
Si è dichiarato un po’ stufo di essere definito solo “elegante”. Cosa intende?
«Sono molto di più, anche in negativo; c’ho un sacco di grane e menate, sono un nevrotico duro. Magari mi hanno insegnato a pormi in maniera elegante, ma non voglio esca un’immagine beatificata».
Viene da una generazione in cui c’era una forte scuola/scena milanese. Oggi cosa resta?
«Le scuole regionali non sono più così definite tra i giovani. Ai tempi c’era la scuola romana, ligure, bolognese… Noi a Milano avevamo punti di riferimento come il Capolinea o il Derby, dove passavano Jannacci, Pozzetto, Teocoli, Gaber; nel quartiere di Brera c’erano un sacco di locali in cui suonare. I giovani di oggi spesso non li distinguo uno dall’altro, spero che i prossimi anni portino a qualche proposta più personale».
Negli ultimi anni ha pubblicato i singoli “L’umarell” e “L’aggeggino”. Ci sono altri inediti?
«Sto raccogliendo pezzi per “vedere l’effetto che fa” come diceva Enzo Jannacci, ma non so bene in che modalità farli uscire, mi prendo tutto il tempo che mi serve».