Con gli amici al bar col Covid Il 36enne è stato assolto
foto da Quotidiani locali
Mauro Giubellini
/ san benigno
È stato assolto perché «il fatto non sussiste» il 36enne sambenignese che non avrebbe osservato «un ordine legalmente impartito» con l’obiettivo «di impedire l’invasione e la diffusione» del Covid-19. Nella notte notte del 24 febbraio 2022 il giovane era stato “pizzicato” dai carabinieri all’interno della caffetteria “La sosta” di corso Einaudi, insieme a un gruppo di amici, senza la documentazione necessaria ad accedere al locale, ovvero il certificato di non positività.
Il giovane, sempre presente in aula durante le udienze, aveva spiegato ai militari dell’Arma di non poter esibire il documento perché il suo telefonino, in quel momento, era spento, poiché scarico.
I miliari, invece, dopo averlo identificato, hanno verificato che avrebbe dovuto essere a casa, in isolamento, perché positivo (seppur completamente asintomatico) al Covid dal 18 febbraio e la guarigione, regolarmente avvenuta, è stata certificata - con tampone negativo - solamente il 28 febbraio.
Il 36enne ha atteso la sentenza col fiato in gola: rischiava sei mesi e una salatissima ammenda. In aula, udienza dopo udienza, l’avvocato Sergio Bersano lo ha difeso a spada tratta spiegando al giudice che lui stesso, a causa del Covid, ha rischiato la morte ma ciò è stato «in parte scatenato» da una serie di «indicazioni e controindicazioni spesso in conflitto tra loro» e che se, da un lato «hanno condotto in quest’aula il mio cliente» dall’altro hanno «rischiato di compromettere la salute a pazienti, come me. Sono stato sottoposto a cure decisive con ritardi dettati non dalla mancanza di medicinali e cure adeguate, ma dai dettami della burocrazia e dalle regole, interpretabili, del momento».
Nel caso finito davanti al giudice, Sergio Bersano, ha spiegato che tutte le violazioni sono poi state derubricate in sanzioni amministrative tranne quella in cui è caduto il suo cliente. «Ma - ha spiegato Bersano - lui non ha mai ricevuto la notifica del provvedimento che lo obbligava a restare a casa e, riflettendo, anche se lo avesse ricevuto e non rispettato nessuno può verificarne l’invio e se questo fosse stato eventualmente fatto al numero di cellulare corrispondente a quello del mio cliente». Poi Bersano ha mostrato decine di sentenze che comprovano che gli imputati sono stati assolti proprio perché un semplice sms «non ha certo le caratteristiche di un’ordinanza».
«Considerate le ultime ricerche scientifiche che han evidenziato la non efficacia dei lockdown, le morti portate dalla “vigile attesa”(ovvero nn curare sino a che il malato diventava grave) - ha commentato Bersano - il ritiro dal mercato di uno dei principali vaccini perché genera trombosi, la truffaldina conta dei presunti infetti da coronavirus emersa nella recente indagine sulla regione Liguria, ecco considerato tutto questo, processare un asintomatico come il mio cliente è parso paradossale e la sentenza del giudice è stata giusta».