Luisa pulisce le Rive di Trieste ogni giorno dai rifiuti: «Ho scelto di dare una mano alla mia città»
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foto da Quotidiani locali
TRIESTE Ormai sulle Rive la conoscono tutti. Da tre anni a questa parte, non passa una mattina – a meno di condizioni meteo particolarmente sfavorevoli – senza vedere la sua sagoma inconfondibile muoversi per le strade del centro, guanti nelle mani e grandi sacchi neri a fianco.
Maria Luisa Favaretto – per chiunque soltanto “Luisa” – da quando è in pensione trascorre le prime ore della sue giornate così: scrutando ogni angolo e ripulendolo dal pattume rimasto lì dalla notte precedente.
Lo fa, beninteso, gratuitamente. Spesso si è sentita rivolgere l’inevitabile domanda, rigorosamente in dialetto triestino: «Luisa, ma te son fora?» . In realtà, chi la conosce sa che nel suo carattere non c’è ombra di spavalderia. Piuttosto il suo è un pragmatismo fuori dal comune, e la sua abnegazione il risultato dell’«amore» per la città.
Luisa ha settantasei anni ed è in pensione da ventuno. Sua mamma era spagnola e il padre veneziano, ma lei ha sempre vissuto a Trieste, lavorando per trent’anni in un negozio di elettrodomestici.
«Fin da giovane – racconta poco dopo aver finito il suo consueto giro di ricognizione – vengo ogni giorno sulle Rive per passeggiare, è un’attività a cui non potrei mai rinunciare».
Negli ultimi anni, però, lo scopo delle sue escursioni è cambiato: «Vedendo spesso il marciapiede carico di cartacce, mi sono chiesta se potevo fare qualcosa per migliorare la situazione e così ho deciso di dare una mano».
La fronte di Luisa è sudata, il sole ha battuto sul suo tragitto per tutta la mattina. Mentre cammina lentamente riprendendo fiato, in tanti si fermano a salutare e qualcuno le chiede com’è andato il «lavoro».
Al termine di quasi tre ore, ha raccolto quattro sacchi interi di immondizie varie, svuotati da lei man mano che gli oggetti si accumulavano. «Più o meno ogni mattina è così», spiega Luisa con tono rammaricato. Le giornate peggiori sono la domenica e il lunedì, nelle quali si fa sentire il contraccolpo del fine settimana.
Luisa, da persona organizzata e metodica qual è, segue sempre lo stesso percorso, più o meno negli stessi orari. Il punto di partenza è piazza Sant’Antonio, fra le nove e le dieci del mattino.
La seconda tappa è il molo Audace, una delle zone in cui la fatica è maggiore: «Le nuove panchine accanto ai cespugli sono bellissime – osserva Luisa – ma dietro si trovano sempre avanzi di cibo, sigarette...».
Da lì Luisa si dirige verso il Salone degli Incanti, passando per il molo Bersaglieri quando le transenne non ostruiscono il suo passaggio. Alle undici, benché l’orario dipenda dalla quantità di rifiuti rintracciati, il suo giro è terminato e Luisa si concede un caffè nei locali del centro.
Pannolini, vestiti logori, fazzoletti, persino assorbenti. Poi, soprattutto, sacchetti con escrementi animali lasciati per terra, rimasugli di cibo e mozziconi di sigarette. Luisa in questi anni ha tirato su dal marciapiede di tutto e, ormai, ci ha fatto l’abitudine. Non che le aree da lei perlustrate siano particolarmente sudicie. Esistono, però, dei punti più esposti che Luisa ha imparato a riconoscere e ai quali dedica la massima cura. Come, appunto, la parte retrostante delle nuove panchine prospicienti il molo Audace.
Inoltre, Luisa ha notato negli ultimi mesi un graduale peggioramento della pulizia nel centro città. Dovuto probabilmente al grande afflusso di persone e alla compresenza, sulle Rive, di navi da crociera ed eventi di varia natura. «I cestini dell’immondizia non mancano – commenta Luisa – ma è sotto gli occhi di tutti che c’è stato un cambiamento al quale bisogna adattarsi». Da questo punto di vista, Luisa ricorda con rimpianto gli anni di pandemia, «l’unico momento – afferma sorridendo – in cui le strade erano veramente pulite».
Se le si chiede fino a quando continuerà a mantenere la sua faticosa routine, Luisa risponde stizzita: «Non lo so, finché non sarò stanca o mi verrà il mal di schiena». Domani, intanto, lei è pronta a ricominciare.