Omicidio Roberta Ragusa: la Cassazione conferma 20 anni al marito Antonio Logli
Anche la Corte di Cassazione ha confermato la condanna a vent’anni di reclusione per Antonio Logli, accusato dell’omicidio e della distruzione del cadavere della moglie Roberta Ragusa. La donna è scomparsa nella notte tra il 13 e il 14 gennaio 2012 dalla sua casa di Gello, nel comune di San Giuliano Terme, nel pisano e non è mai più stata ritrovata.
Secondo la Suprema Corte era inammissibile il ricorso della difesa dell’imputato e diventa quindi definitivo il verdetto emesso il 14 maggio 2018 dalla Corte d’Assise d’Appello di Firenze. Nei primi due gradi di giudizio Logli era stato ritenuto colpevole. In appello era stata confermata la condanna a 20 anni di reclusione. Per i giudici della Corte d’Appello di Firenze, il 55enne, era colpevole «al di là di ogni ragionevole dubbio» nonostante mai sia stato trovato il corpo della moglie. Per questo hanno confermato la condanna di primo grado, vent’anni, massimo della pena con rito abbreviato, per le accuse di omicidio volontario e distruzione di cadavere.
Nelle 81 pagine della sentenza d’appello il movente appare essere economico, non passionale. Secondo i giudici «la coppia Logli-Ragusa versava da tempo in irreversibile stato di crisi matrimoniale a causa della protratta relazione del marito» con Sara Calzolaio, ex baby sitter dei figli, poi segretaria alla scuola guida di famiglia, e che «gli interessi economici dei coniugi erano strettamente intrecciati e non facilmente districabili vista la partecipazione in forma societaria all’attività di famiglia alla cui conduzione la Ragusa era principalmente dedita». Logli avrebbe temuto di perdere l’attività economica di famiglia se la moglie, come pensava di fare, avesse chiesto la separazione.
Nella notte della scomparsa ci sarebbe stato un violento litigio con due testimoni. Uno è Loris Gozi, giostraio, che ha raccontato di aver visto la coppia in strada, pur fornendo versioni con particolari diversi e molti mesi dopo i fatti. Logli è stato iscritto nel registro degli indagati dalla procura di Pisa il 2 marzo 2012, quasi due mesi dopo la scomparsa della moglie uscita di casa in pigiama. Secondo la ricostruzione della procura la raggiunse in una via vicina, l’aggredì e la uccise, occultandone il corpo per poi denunciarne la scomparsa la mattina dopo. Lui h sempre detto essere andato a dormire poco prima di mezzanotte e di essersi accorto solo il mattino dopo che la moglie non c’era. Lo smentiscono i testimoni e una lunga telefonata notturna con Sara.
Nel 2015 il gup prosciolse l’uomo, ma la Cassazione annullò la sentenza e ordinò un nuovo processo, quello che ha portato alla condanna in primo grado e alle successive. Logli è rimasto finora in libertà vivendo con la compagna, allora amante, e con i figli, che credono all’innocenza del padre. Ha atteso la sentenza insieme alla compagna e alla figlia Alessia in un affittacamere non distante dall’ospedale di Cisanello a Pisa. Sconterà la pena nel carcere Don Bosco di Pisa.