Lutto in Tv: muore il «papà del varietà» Antonello Falqui
La notizia arriva nella tarda serata di venerdì, annunciata dalle sue stesse parole: «Sono partito per un lungo lungo lungo viaggio, potete venire a salutarmi lunedì 18 novembre alle 11 alla chiesa di Sant’Eugenio a viale Belle Arti a Roma». È questo il messaggio che compare su Facebook e su Twitter e che fa sapere che Antonello Falqui, il regista, sceneggiatore e ideatore di programmi di successo come Il musichiere, Studio Uno, Canzonissima e Milleluci, si è spento all’età di 94 anni dopo una carriera straordinaria, che ha rivoluzionato non solo la televisione italiana, ma anche il costume, il varietà nel senso più ampio del termine.
https://twitter.com/Radio1Rai/status/1195611495159279616Insieme ai messaggi di cordoglio espressi sui social da Fiorello, che lo definisce «il più grande di tutti», a Marco Salvati, che si riferisce a lui come «l’uomo che ha inventato il varietà italiano», il pensiero corre immediatamente a ciò che Falqui ha creato con mano, immergendo gli italiani in quel luccichio e in quelle scenografie che sembravano uscite da un sogno e che oggi sono disponibili su RaiPlay. Nato a Roma il 6 novembre 1925, figlio del critico e scrittore Enrico Falqui, Antonello si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza, che lascia prima della laurea per dedicarsi al mondo del cinema. Dopo aver frequentato il Centro Sperimentale di Cinematografia ed essere stato aiuto-regista del film Cristo proibito, diretto da Curzio Malaparte, alla Rai approda nel 1952 dapprima come regista di documentari e poi come autore di alcuni dei programmi di maggior successo mai trasmessi in quegli anni.
https://twitter.com/GassmanGassmann/status/1195478794028683264Si comincia da Il musichiere, in onda dal 1957 al 1960, e condotto da Mario Riva, e si prosegue con quattro edizioni di Canzonissima e altrettante di Studio Uno e, forse, con il più grande di tutti: Milleluci (1974). Negli anni Settanta e Ottanta seguono una serie di spettacoli che si concentrano sulla rilettura sociale e storica dell’arte popolare: Fatti e fattacci con Gigi Proietti e Giandomenico Fracchia con Paolo Villaggio, entrambi del 1975, sono gli esempi più lampanti di questa nuova tendenza. Nel 1990 il regista abbandona la televisione per dedicarsi all’insegnamento all’Accademia di Belle Arti di Macerata e presso la società di produzione televisiva e distribuzione di format Einstein Multimedia, di cui era anche consulente. Un talento sopraffino, che con la televisione italiana ha maturato un’eredità immortale, che sopravviverà negli anni a venire.
LEGGI ANCHE
«In arte Mina»: su Raitre il bellissimo racconto della Tigre di Cremona