Diritti, Amnesty: «Vigilare affinché l’emergenza non diventi norma»
Proviamo a vedere il bicchiere mezzo pieno: il 2019 è stato per l’Italia l’anno di tre sentenze storiche. Una su tutte è quella che dopo 10 anni ha stabilito la verità sulla vicenda del geometra romano Stefano Cucchi, morto in seguito alle botte ricevute dai carabinieri mentre era in stato di fermo. È servito del tempo ma «è un segnale importante per la giustizia in Italia e altrove», commenta Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia.
Un traguardo significativo che il rapporto annuale di Amnesty International, presentato per l’anno 2019-2020 mette in luce insieme ad altri due: il processo Condor che ha condannato, dopo 40 anni, all’ergastolo 24 esponenti di regimi dittatoriali di Bolivia, Cile, Perù e Uruguay, infine la sentenza del Tribunale civile di Roma che ha riconosciuto il diritto ad entrare in Italia e a chiedere protezione internazionale a 14 eritrei respinti in Libia nel 2009.
Non possiamo tuttavia ignorare la parte di bicchiere mezzo vuoto, ed è quella che sottolinea come il 2019 sia stato in Italia «disastroso» per i diritti umani. I primi a farne le spese sono i migranti, i rifugiati, i richiedenti asilo vittime degli effetti del «decreto sicurezza» voluto dall’ex ministro Matteo Salvini che ha abolito lo status di protezione umanitaria (sono almeno 24mila le persone a cui è stato negato uno status legale». Nonostante il cambio di governo, il decreto è rimasto in vigore. «Politiche e prassi che hanno messo in pericolo i soccorsi, hanno messo in pericolo vite umane, ritardati gli approdi», continua Noury. Il nostro Paese ha inoltre rinnovato, per altri tre anni, gli accordi con la Libia, per impedire gli sbarchi dei migranti.
Il rapporto che ogni anno presenta Amnesty International non rappresenta semplicemente un elenco di dati e infografiche. Lo spiega molto bene l’attore e scrittore Moni Ovadia nella sua prefazione: «La lettura del Rapporto di Amnesty International ci interroga e ci sollecita a impegnarci, perché incalza la nostra coscienza attraverso una conoscenza precisa, dettagliata, inesorabile. Dopo averlo letto, nessuno può chiamarsi fuori, anche perché le violazioni dei diritti e i crimini contro l’umanità sono incarnati anche nella singola persona sottoposta a persecuzione, a violazione della libertà, a violenza fisica e/o psicologica».
Il 2019 è stato l’anno delle manifestazioni in tutto il mondo dal Cile all’Iran, da Hong Kong (qui è scesa in piazza metà della popolazione) all’Iraq, dall’Egitto all’Ecuador, dal Sudan al Libano. I cittadini sono scesi in strada chiedendo giustizia, dignità, fine della corruzione, libertà e i risultati sono arrivati. In Sudan è caduta la dittatura di Omar al Bashir, a Hong Kong è stata ritirata la legge sull’estradizione, in Iraq il governo ha dovuto fare un passo indietro. Ma la repressione celata non ha avuto fine, in tantissimi Paesi, dall’Egitto al Venezuela.
La pandemia costringe oggi a una nuova presa di coscienza. «Che succederà negli anni con e post covid?», chiede Riccardo Noury. «È necessario recuperare spazi di libertà, vigilare affinché misure prese per motivi di salute pubblica non diventino misure di ordine pubblico. Dobbiamo fare attenzione perché l’emergenza non diventi norma, questa è la sfida più grande».
LEGGI ANCHE
Morte di George Floyd, l'Unar: «Contro l'odio, diritti uguali per tutti»LEGGI ANCHE
Quante sono le libertà ancora negate nel mondo?