Haakon di Norvegia e Mette-Marit, cenerentola «postmoderna» (dal passato «selvaggio»)
«Mia figlia non faceva altro che andare in giro a ballare, imbottita di droghe». Le parole del papà di Mette-Marit Tjessem Hølby, promessa sposa del principe ereditario Haakon di Norvegia, rimbombano come cannonate nei corridoi del palazzo reale di Oslo. È il 2001, agosto, e mancano pochi giorni al royal wedding: alcuni giornali conservatori – supporti da una buona fetta di opinione pubblica – continuano imperterriti ad attaccare la futura principessa, con la speranza – neanche troppo celata – che l’erede al trono rinunci alla corona, in stile Edoardo VIII e Wallis Simpson.
D’altronde Mette-Marit ha un passato abbastanza turbolento, che poco si addice – almeno teoricamente – alla futura moglie di un re. È stata lei stessa a renderlo pubblico, facendo una sorta di mea-culpa e aprendo di fatto un nuovo capitolo della sua vita: basta rave, basta eccessi, basta droghe. Anche se a sconvolgere i sudditi è il piccolo Marius, classe ’97, il primo figlio avuto con uno spacciatore con parecchi guai con la giustizia. Come se non bastasse, si vocifera che esista persino un video a luci rosse con lei protagonista, in mano ad un ex fidanzato pronto a ricattarla.
Insomma, a corte tira una brutta aria: i sondaggi danno la monarchia ai minimi storici in termini di consenso popolare e il sovrano Harald V non sembra convinto dell’unione. Poco importa se anche lui, 32 anni prima, aveva sposato Sonja, una «commoner» appassionata di sartoria, chiamata «la camiciaia» con tono dispregiativo. Per Mette-Marit i soprannomi si sprecano, ma Haakon – da quando l’ha conosciuta ad una festa di amici in comune nel 1999 – tira avanti per la sua strada: «Sono pronto anche a rinunciare al trono pur di stare con lei», ha affermato il futuro re scandinavo..
Così il 25 agosto 2001 i due si sposano con una cerimonia nel duomo di Oslo, davanti alle più importanti teste coronate del mondo: «L’ amore ha trionfato», esulta il vescovo. «Non c’è niente di più importante, questo è un matrimonio postmoderno». Poi, rivolgendosi a Mette-Marit, si fa più serio: «Stai andando incontro a una nuova vita con lenzuola pulite e lo stai facendo con dignità». Lei si commuove, forse ripensando a quando faceva la cameriera in un ristorante del centro o la commessa in un negozio di abbigliamento. Poi, sul balcone del Palazzo reale, prende in braccio Marius.
I sudditi sembrano essere tornati in blocco dalla sua parte, conviti dalla sincerità e – soprattutto – dalla caparbietà: ragazza-madre che ha risposto con vigore alle difficoltà della vita. È scivolata più volte, certo, ma si è sempre rialzata e ha ripreso con personalità il suo cammino. Ecco perché non sorprende che – da quando è diventata principessa – abbia iniziato una serie di campagne benefiche, molte di sensibilizzazione all’AIDS: è stata persino nominata Rappresentante speciale per un programma dell’ONU sul tema e ha visitato paesi come il Mali, il Nicaragua e la Tanzania.
Il tutto mantenendo un profilo basso e, soprattutto, senza trascurare la famiglia: nel 2004, ad esempio, è nata Ingrid Alexandra, destinata a diventare la prima regina regnante in Norvegia dai tempi di Margherita I sette secoli fa, poi nel 2005 Sverre Magnus, terzo in linea successione. Inoltre circa due anni fa, sempre in nome della sua proverbiale trasparenza, Mette-Marit ha dichiarato di soffrire di fibrosi polmonare, una malattia cronica che la costringe a cure lunghe e continuative: eppure lei c’è sempre, da sola o in supporto del marito, a dimostrare il suo valore.
Insomma, amore totale, più forte di tutto. Ma guai a chiamarla favola: «Non lo è», ha puntualizzato la principessa. «E io non mi sento Cenerentola».