Conte salvo, ma sul filo dei numeri: cosa farà ora il premier
Il governo Conte è ancora vivo. Poteva “andare meglio”, questo è sicuro. Ma viste le premesse diciamo che sarebbe stato più probabile andasse peggio. Il responso finale della conta al Senato è stato 156. Intermedio: non ha superato la maggioranza assoluto 161, ma non si è fermato a 155.
Il premier, al momento, si deve accontentare «perché si va avanti e adesso bisogna correre, per superare l’emergenza sanitaria e la crisi economica». Ma come ben sa, non è di certo finita qui: ora il presidente del Consiglio ha due settimane di fuoco.
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Crisi di governo: e ora? Quali possono essere le vie d'uscitaCon questi numeri risicati, il lavoro non sarà facile per rendere solida questa maggioranza. Il piano di Conte non può prescindere da un passaggio fondamentale, a questo punto: deve nascere, e in fretta, il gruppo centrista a Palazzo Madama. Perché la questione vera è la governabilità.
Lo sa lui ma lo sa anche Mattarella da cui probabilmente Conte salirà oggi per discutere del futuro. E il premier sa che il capo dello Stato sottolineerà la debolezza strutturale dell’esecutivo e gli ricorderà tutti gli argomenti da risolvere basati sull’incertezza della concreta operatività del governo (per esempio quando nelle commissioni potrebbe scatenarsi il sabotaggio dei renziani) e all’urgenza di alcune misure non procrastinabili. Come la chiusura del Recovery plan e della sua governance, la campagna vaccinale inceppata, i ristori da accreditare e la pressione sociale in crescita.
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Crisi di governo, chi sono i possibili «responsabili» di ConteLa vittoria senza maggioranza assoluta strappata dal premier Giuseppe Conte può essere fatto passare come un viatico per la continuità, ma in realtà apre una fase nuova, tesa, precaria. Ma la via della cautela che piace molto a Franceschini, sembra non dispiacere nemmeno al Quirinale.
L’Ue teme un’Italia debole
C?è grande preoccupazione a Bruxelles per le sorti del piano italiano per accedere ai 209 miliardi che il Next Generation Eu da 750 miliardi riserva alla Penisola. Ieri il vicepresidente della Commissione europea, l’inflessibile lettone Valdis Dombrovskis, ha espresso la preoccupazione dell’Unione al termine dell’Ecofin: «Spero che l’instabilità politica in Italia non metta a repentaglio il lavoro sul Recovery Plan perché Roma ne è il maggior beneficiario e bisogna assicurarsi che i fondi arrivino presto per far fiorire la ripresa nel Paese».
Ai timori europei sulla qualità del piano, ora si aggiungono quelli legati alla crisi politica italiana e alla fragilità della maggioranza di governo, che ne ha rallentato la stesura. Infatti, 11 Paesi hanno già mandato informalmente a Bruxelles i loro piani, mentre l’Italia ha giusto «presentato un numero sostanziale di elementi ».