75 anni di bikini: cambia Dna ma resta sempre il costume più amato
Dalle ragazze siciliane dei mosaici di Villa del Casale a Piazza Armerina alle Instagram girl da migliaia di like per arrivare alle icone body positive di oggi. Tre pezzetti di stoffa collegano il guardaroba estivo delle donne libere e liberate nel corso dei millenni. Le atlete di quasi duemila anni fa si allenano in outfit contemporaneo con top a fascia e slip che lascia l’ombelico in bella mostra. E pensare che ci sarebbero voluti secoli per ritornare al punto di partenza, ovvero a sentirsi belle con pochi centimetri di tessuto a coprire il corpo, di qualunque forma, taglia, colore, misura.
C’è un motivo, infatti, per cui il bikini è da decenni la star della spiaggia, con buona pace del costume intero. Fa sorridere pensare che il capo simbolo dell’estate come lo intendiamo oggi è nato da una privazione. Ma che meno è sempre più è una lezione di moda che conosciamo bene. Durante la Seconda guerra mondiale negli Stati Uniti c’era poca stoffa a disposizione e quella destinata all’abbigliamento femminile fu ridotta. Da qui l’idea di realizzare costumi minimali. Già, comunque, nel 1932 il couturier parigino Jacques Heim aveva lanciato Atome, primo due pezzi che solo qualche ardita accettò di indossare mostrando un ventre fino ad allora solo immaginato.
Ufficialmente la data di nascita del bikini è il 5 luglio 1946 quando alle piscine Molitor di Parigi l’ingegnere automobilistico convertitosi in designer, Louis Réard, mostra ai flash un costume ridotto in modo così esplosivo da essere stato ribattezzato dallo stesso creatore con il nome dell’atollo atomico delle Isole Marshall, bombardato al tempo da test nucleari americani. Così hot da non voler essere messo da nessuna modella. Accetta solo Micheline Bernardini, ballerina senza veli del Casinò de Paris. Il risultato? Lo stilista è passato alla storia e la sua testimonial ha collezionato migliaia di richieste di matrimonio.
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La mentalità, però, è ancora troppo conservatrice per il capo balneare che sembra lingerie. Come scrive la giornalista Paola Jacobbi nel libro Scostumate, l’Osservatorio Romano lo paragona addirittura ai quattro cavalieri dell’Apocalisse. Chi lo indossa accetta di portare quasi una lettera scarlatta. Ma nei concorsi di bellezza si comincia a far strada: Lucia Bosé vince il titolo di Miss Italia nel 1947 in due pezzi, Sophia Loren nel 1950 ritira in bikini la fascia di Miss Eleganza. Nel 1952 Brigitte Bardot prova a rompere i tabù nel film Manina, ragazza senza veli. Ma sono anni in cui appare ancora come qualcosa di peccaminoso (la rivista Modern Girl lo giudica inappropriato per le brave ragazze) o provocatorio (Diana Dors nel 1955 sconvolge Venezia con la sua apparizione in laguna a bordo di una gondola con due pezzi in visone).
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Ma il bikini quando entra davvero nel tessuto della cultura pop diventando mainstream? Habemus datam: è il 1962 e Ursula Andress sorge dalle acque nel film Licenza di uccidere, della saga di James Bond. Il suo bikini avorio, disegnato da Tessa Prendergast, con cintura in vita è così importante nella storia della moda da avere una pagina Wikipedia (ricordiamo anche l’omaggio di Halle Berry che nel 2002, nella pellicola Die Another Day, ne sfoggia uno arancione brillante con cintura del brand La Perla).
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Il bikini ha switchato definitivamente da indecente a seducente e spopola sulle spiagge a ogni latitudine e longitudine. Comodo e sexy, è indossato finalmente senza remore da sportive, pin up, dive, ballerine, reginette di bellezza, casalinghe. E così cambia natura rimanendo allo stesso tempo immutabile: mini mini nei 70 quando sulle spiagge della California le ragazze indossano il liberatorio triangolo (sostituito anche dai primi topless) e slip con laccetti laterali. Coloratissimo, a fascia e sgambatissimo negli 80 per mostrare i risultati di aerobica e workout di ogni sorta. Perché ancora ci vuole un fisico bestiale per avere la licenza di indossarlo, se pensiamo anche agli anni 90 quando dal Brasile arriva il tanga che reclama un lato B granitico.
Amatissimo dalle donne, il bikini, d’altra parte, le ha messe per decenni a dura prova. Un sentimento così grande che ha generato anche tante insicurezze. Nei camerini, ogni estate, le donne normali si demoralizzano mentre provano il bikini illuminate dalle impietose luci bianche. Ma qualcosa è cambiato negli ultimi tempi, per fortuna. Certo, oggi, ogni volta che top model come le sorelle Hadid, Emily Ratajkowski, Alessandra Amobrosio o anche le sinuose Kardashian postano foto in costume si assicurano valanghe di like (detiene il primato Gigi Hadid con il suo modello super sexy nel 2017: 1,4 milioni di like in 24 ore).
Ma con il Terzo Millennio è arrivata anche una nuova consapevolezza: Kate Winslet afferma che a 45 anni e tre figli non le interessa avere un corpo da bikini mentre celeb di ogni taglia e misura si mostrano sui social fiere, bellissime e in due pezzi (cliccare IG di Lizzo).
Il bikini, nella forma simile da sempre, muta di nuovo il contenuto: è per tutte e per tutte le età e lo indossa in maniera pazzesca la trentenne Chiara Ferragni e la over 60 Sharon Stone.
Mentre il ventesimo secolo ha cercato di sradicare le leggi che controllavano il pudore delle donne, forse il ventunesimo secolo passerà alla storia come l’era in cui i costumi da bagno diventeranno seriamente inclusivi. Una bomba, anche questa, che parte di nuovo dal due pezzi. D’altronde da 75 anni atomico come lui, nessuno mai.
Nella gallery bikini iconici e le tappe della storia del costume che fa rima con libertà.