Addio Raffaella Carrà, che ci ha insegnato che «nessun amore è proibito»
«Morirò senza saperlo. Sulla mia tomba lascerò scritto: “Perché sono piaciuta tanto ai gay?”». Era solita scherzare così Raffaella Carrà, che si è spenta oggi a 78 anni, a causa di una malattia tenuta volutamente lontano dalle luci, quando le chiedevano perché da sempre fosse considerata «un’icona gay», tanto da essere stata premiata nel 2017 a Madrid per il World Pride 2017. Aveva preferito non esibirsi in quell’occasione, motivando la scelta così: «Mi avevano chiesto di cantare davanti a due milioni di persone. Ho detto di no per timidezza. Tanto ci sarò lo stesso, perché si metteranno la parrucca bionda e intoneranno in coro: “A far l’amore comincia tu…”. E poi “Fiesta”, “Luca”, persino “Rumore”, la più difficile…».
Ricevere il premio, uno dei tanti della sua lunghissima carriera, l’ha resa però molto orgogliosa. A cominciare dalla motivazione: «Per il coraggio, l’energia e libertà». Valori che la «Raffa nazionale» ha sempre portato avanti, inconsapevolmente e coraggiosamente. Ha scelto di portare avanti il pop sulla tv «naziolpopolare», diventandone maestra e mostrando – prima di moltissimi altri – che sì si può scegliere, che il corpo lo si può usare a proprio piacimento e che nessun amore è proibito.
Della propria infanzia libera, lontano da quel che ancora oggi viene definito «tradizionale» ha detto: «Mi hanno cresciuto due donne. Tre, contando la nurse inglese: severissima. Mia mamma Angela Iris fu una delle prime a separarsi nel dopoguerra. Non si risposò più. Nonna Andreina era rimasta vedova di un poliziotto». Poi arrivano gli anni della scuola e del centro di cinematografia a Bologna: «Uscivo solo con i gay. Quando in sala faceva buio, loro non cercavano di tastarti».
Oggi, nel giorno dell’addio, a ricordala – tra decine di migliaia di messaggi social – è anche Alessandro Zan, mentre la «sua» legge contro l’omofobia, è ancora al centro di dibattito e polemiche: «La scomparsa di Raffaella Carrà», scrive il deputato, «mi lascia attonito. Per oltre cinquant’anni con la sua arte e la sua musica ha combattuto contro stereotipi e discriminazioni. Ha parlato al mondo di libertà e gioia. Finisce un’era, c’era ancora bisogno di lei».