Covid, perché vaccinare gli adolescenti rappresenta un beneficio
La situazione della pandemia in Italia è in bilico. Le regioni possono evitare il passaggio di zona, e dunque ulteriori restrizioni, solo continuando a vaccinare, convincendo sempre più cittadini possibili a proteggersi ed evitando scivoloni e passi falsi come gli assembramenti per gli Europei di calcio o simili eventi, che l’Iss ha stabilito aver avuto un impatto significativo. Rt e incidenza continuano a salire ma, come ha spiegato in questi giorni sul Corriere della Sera Franco Locatelli, coordinatore del Cts e presidente dell’Istituto superiore di sanità, nell’ultima settimana la crescita è stata un po’ minore rispetto alle due precedenti. E i tassi di ospedalizzazione rimangono per il momento contenuti.
Il punto centrale del suo colloquio ha tuttavia riguardato la vaccinazione di bambini e adolescenti. Su questo Locatelli è stato chiarissimo: la vaccinazione è sempre un beneficio. «Gli adolescenti vengono così protetti dal rischio di sviluppare malattia grave o addirittura fatale. I deceduti sotto i 19 anni in Italia sono a oggi 28» ha spiegato. Immunizzarsi è utile anche «perché la protezione degli adolescenti consente di difendere indirettamente coetanei che frequentano la stessa classe o altri luoghi di socializzazione, ma che non hanno un sistema immunitario capace di rispondere efficacemente al vaccino. Lo stesso discorso si applica ai non vaccinati che entrano in contatto con i bambini». Dai 12 anni in su, anche in Italia, è possibile somministrare i vaccini a mRna di Pfizer e da poco anche di Moderna. Presto, quando i trial clinici saranno ritenuti soddisfacenti, questa soglia si abbasserà ai 5 anni.
Il via libera di Locatelli è senza riserve: «Vaccinare significa anche creare le migliori condizioni perché possa avere continuità la didattica in presenza. È stato appena pubblicato su medRxiv un articolo scientifico scritto da ricercatori dell’Ohio che dimostra come, negli adolescenti, il rischio di sviluppare miocarditi o pericarditi nel contesto di malattia Covid-19 ecceda di gran lunga (nei maschi giovani fino a sei volte) il basso rischio di sviluppare questi quadri clinici, sempre lievi, dopo la vaccinazione. Ecco dissipato ogni dubbio sull’opportunità di proteggere adolescenti e ventenni. E, quando vi saranno vaccini approvati, anche i bambini». Tutto questo senza sapere ancora nel dettaglio le conseguenze del cosiddetto long Covid, anche su soggetti giovani e asintomatici o paucisintomatici.
Sulla terza dose di vaccino, invece, l’Italia potrebbe seguire la strada della Germania, che da settembre inizierà la somministrazione agli anziani e ai pazienti a rischio. Il piano tedesco in via d’approvazione prevede inoltre, non a caso, di incentivare la vaccinazione dei giovani fra i 12 e i 17 anni: «Non abbiamo evidenze solide per decidere se e quando una terza dose andrà somministrata – ha risposto Locatelli – senza dubbio incrementa la memoria immunologica contro il nuovo coronavirus e ciò potrebbe essere utile per soggetti particolarmente vulnerabili, penso agli ultra settantenni, e a chi ha aumentato il rischio di esposizione a Sars-CoV-2 per ragioni professionali».