Un fiume di fiaccole a Mantova per chiedere la pace

All’invito della Diocesi hanno risposto tutte le confessioni presenti sul territorio, come il mondo politico e quello del lavoro: c’erano davvero tutti in quel cordone di un migliaio di persone

Solo il suono di qualche sirena e clacson in lontananza, solo il rintocco delle campane nell’aria scossa dal vento, tace la folla del passeggio domenicale, i locali zittiscono la musica, il silenzio avvolge all’improvviso il centro cittadino attraversato da un fiume di fiaccole che chiedono Pace.

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Fiaccole e basta, nessuna bandiera, solo volantini per accompagnare i propri passi con letture di Brecht, Alex Langer, Gino Strada, Aldo Capitini, don Primo Mazzolari, Alda Merini, Tom Benettollo, solo quei due striscioni «In silenzio per la pace» e «Pace: I care» retti dai ragazzi scout che la Diocesi ha voluto aprissero il corteo «come segno di speranza per il futuro». Perché «la pace - ci ricorda il vescovo Marco Busca prima che il corteo si incammini da piazza Martiri di Belfiore a piazza Sordello – è un bene comune, non è un bene di settore o legato a qualche ideologia umanitaria, religiosa, politica. La pace è l’aspirazione che c’è nel cuore di ogni persona e di ogni popolo e vogliamo onorare la pace con questo gesto del silenzio che è pieno dei gemiti di queste popolazioni, in cui tutti in qualche modo sono perdenti perché tutti soccombono sotto i colpi della violenza, della guerra, della morte. Perciò la nostra decisione di invitare molti, di invitare tutti, è proprio all’insegna di un abbraccio di fratellanza universale che possa essere oltre ogni forma di ideologia, per poter dire che la vita, la pace, il rispetto della dignità di ogni popolo è quel bene fondamentale che tutti sentiamo di voler difendere e perciò, tra tutte le bandiere, pensiamo che la bandiera della fratellanza universale sia quella per cui tutti sentiamo di marciare e che nel silenzio ciascuno questa sera riempirà di parole, di preghiere, di pensieri, di riflessioni, di auspici questi nostri passi che vogliamo tutti insieme dedicare non soltanto ai popoli che sono più vicini a noi che in qualche modo conosciamo più direttamente, ma a tutti gli oltre 60 popoli che sono coinvolti nelle guerre».

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E all’invito della Diocesi hanno risposto tutte le confessioni presenti sul territorio, famiglie islamiche siriane come il presidente della comunità ebraica, come il mondo politico a partire dal sindaco presente con la fascia tricolore e quello del lavoro con i segretari generali dei sindacati: c’erano davvero tutti in quel cordone di un migliaio di persone in marcia silenziosa per ricordare tutti popoli colpiti dalla guerra. Perché «le manifestazioni per la pace sono sempre importanti – ci dice il presidente della comunità ebraica Aldo Norsa – la pace è un valore da raggiungere, c’è una strada da compiere per arrivarci, bisogna tendere a quella. Questa sera la marcia non ha colore, non ha parole, questa sera siamo tutti insieme, ci sarà modo per ognuno di esprimere le proprie posizioni ma in questo momento quello che conta è essere uniti per perseguire quell’obiettivo».

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E in un mondo così veloce e frenetico scegliere il silenzio può apparire oggi quasi rivoluzionario, come sottolinea il direttore della Caritas Matteo Amati nel ricordare che questa marcia silenziosa apolitica e aconfessionale organizzata dalla Diocesi senza interventi illustri è il «modo più maturo di avvicinarsi alla tragedia delle guerre che non ha vincitori ma solo vinti e per aprire uno spazio di riflessione», quando «molto spesso parlare di pace rischia di essere anche divisivo, con la marcia di oggi vorremmo proprio fare il contrario cioè poter includere tutti, di tutte le estrazioni politiche e confessionali in questo moto silenzioso per la pace». Una manifestazione che era già in programma in vista di gennaio, mese della pace, «ma a fronte a quanto sta accadendo in Palestina e Israele abbiamo pensato che non ci fosse più tempo di aspettare e che dovevamo fare qualcosa subito non solo per ricordare quella guerra ma per tutte le guerre dimenticate e tutti i popoli che in questo momento stanno vivendo in una condizione di guerra».

Come il lampadiere di Tom Benettollo in quel brano letto da una ragazza scout in chiusura di manifestazione in piazza Sordello, che «vede poco davanti a sé, ma consente ai viaggiatori di camminare più sicuri» qualcuno «ci prova non per eroismo o narcisismo ma per sentirsi dalla parte buona della vita». Ieri sera a provarci erano quasi mille.