Il genero ferito dal suocero: «Ho lottato per disarmarlo»
Un corridoio e un mare di risentimento separavano le vite delle famiglie di Alberto Dalseno e Nello De Angeli, rispettivamente genero e suocero, una bolla di rancori scoppiata con due colpi di pistola, la sera dello scorso 31 maggio, al termine di una colluttazione: il primo proiettile era finito in pancia a Dalseno, 47 anni, il secondo se l’era esploso addosso lo stesso De Angeli, 76 anni, mirando allo sterno. Una vicenda dolorosa, rivissuta ieri in aula. Difeso dall’avvocato Cedrik Pasetti, il suocere è arrivato scortato dagli agenti di polizia penitenziaria del carcere di Pavia, dov’è ancora detenuto con l’accusa di tentato omicidio. E da dove il legale vorrebbe tirarlo fuori: alla sua richiesta di revoca - o sostituzione con una “misura meno afflittiva” - si è opposto il pubblico ministero Lucia Lombardo.
Il genero
Di una convivenza difficile ha raccontato Dalseno, che nel 2017 aveva acquistato all’asta la casa del suocero, idraulico finito in avaria finanziaria. Una grossa villa a Castellucchio, dove già Dalseno abitava con la compagna Pamela (figlia di Nello De Angeli) e la loro figlia Karen, in un’ala autonoma, collegata da un corridoio e una porta a vetri alla porzione occupata dal suocero con la moglie Maria Cirelli, 74 anni.
Ad aver innescato la lite - ha riferito Dalseno al collegio presieduto dal giudice Giacomo Forte - un episodio accaduto tre settimane prima, quando, secondo la versione di Pamela, il padre l’avrebbe picchiata a un braccio con una cassetta di plastica e dei pugni.
Smentito sia da De Angeli sia da Cirelli, l’episodio sarebbe stato al centro di un faccia a faccia la sera del 31 maggio nel salotto dei suoceri, dove, al culmine della lite, De Angeli avrebbe estratto una pistola da sotto il cuscino di una poltrona. «Quando l’ho visto scarrellare, d’istinto mi sono lanciato verso di lui, per disarmarlo - le parole di Dalseno - Ho sentito una botta in testa, forse mi ha colpito col calcio della pistola, poi ho messo la mia mano su quella con cui De Angeli impugnava l’arma, mentre con l’altra gli ho afferrato il braccio libero». È a quel punto che è partito il colpo: «Sono crollato sul pavimento e ho visto mio suocero spararsi al petto».
La moglie
Dopo la rinuncia a testimoniare da parte di Pamela De Angeli, sospesa tra l’affetto di compagna e il sentimento di figlia, anche se in una relazione conflittuale col padre, è stata la volta di Maria Cirelli fornire la propria versione. La donna, che avrebbe potuto non rispondere in quanto moglie dell’imputato, ha scelto di dire. Rivisitando la ricostruzione di Dalseno: «Pamela si è presentata con una scopa in mano - ha scandito - e, visto che non confermavo l’episodio delle botte, mio genero ha minacciato d’incappucciarmi e picchiarmi». Accusa che ha scatenato la protesta della figlia, seduta in fondo all’aula, subito richiamata dal giudice.
Ma perché il clima in casa era così avvelenato? Se Dalseno ha riferito di bollette nascoste, mancate pulizie e «il vizio di De Angeli di lasciare le armi in giro per casa», Cirelli è rimasta vaga sul punto. Viene spontaneo pensare che, ritrovarsi da padrone a ospite nella sua villa, abbia annuvolato l’umore di De Angeli: potrà parlarne il 12 febbraio.