Viadanese a processo per false fatture, ma non c’entra nulla

Era finito davanti al giudice con l’accusa di aver utilizzato delle false fatture per evadere le imposte. Ma perfino il pubblico ministero, ieri, che rappresenta l’accusa, è apparsa sconcertata: «Non c’è nessuna prova, qui non c’è niente di niente. E non sono stati neanche fatti dei controlli. Chiedo l’assoluzione».

L’imputato

E’ uscito pulito dal processo Carmine Tipaldi, l’imprenditore edile 53enne di origine cutrese da anni residente a Viadana, ex assessore alle nuove povertà e protezione civile nella giunta Penazzi, finito nelle pagine di cronaca per mesi perché accusato di essere il potenziale collegamento “politico” tra l’amministrazione di Viadana e gli ambienti criminali della cosca degli Arena.

Accuse peraltro mai avvalorate da un processo, «ma che mi hanno distrutto» dice oggi nel corridoio di via Poma, in attesa del verdetto del giudice Edoardo Zantedeschi, che lo assolverà poco dopo con formula piena, «perché il fatto non sussiste».

I documenti

Le fatture incriminate, 17, 14 del 2015 e tre del 2016, erano state emesse da uno dei titolari di una società di Reggio Emilia, la Alicante srls, che aveva svolto dei lavori a Viadana per la Tipaldi costruzioni.

Nel capo d’imputazione si ipotizzava che Tipaldi le avesse utilizzate nelle dichiarazioni dei redditi per ottenere un indebito rimborso, mentre si sarebbero riferite ad operazioni inesistenti. «Si è ritenuto a priori che si trattasse di false fatture, ma Tipaldi è completamente estraneo - sono le parole della Pm Elena Pacchioni che ha spiegato che «non è stato fatto alcun accertamento sui suoi conti correnti, per verificare se vi fossero stati versamenti e poi prelievi corrispondenti, la modalità tipica di questo reato».

E’ sceso nel dettaglio il difensore, l’avvocato Roberto Cuva: «Quell’artigiano per la Tipaldi ha fatto prestazioni d’opera per 30mila euro. Cosa c’entrano le fatture? Non serviva alcun acquisto».