Camera di commercio a tre: ci siamo
A distanza di quasi otto anni dall’avvio della riforma, la fusione della Camera di commercio di Mantova con Cremona e Pavia stavolta può partire. A scrivere la parola fine su un lungo stand-by è stato nei giorni scorsi il Consiglio di Stato che ha respinto il ricorso presentato dalle associazioni di categoria pavesi confermando che la sede centrale sarà a Mantova.
Il contenzioso
Era il 2015 quando la riforma Madia ordinò di asciugare il numero delle Camere di commercio da 105 a 60, per risparmiare 50 milioni di euro all’anno, accorpando quelle con meno di 75 mila iscritti. L’unione di Mantova con Pavia e Cremona venne sin da subito contestata dalle istituzioni pavesi che l’hanno sempre considerata penalizzante dal punto di vista sia territoriale che economico. Già nel 2020 la Corte Costituzionale aveva dichiarato legittima la legge dopo che 17 Camere, contrarie alle fusioni, avevano presentato ricorso e tra queste c’era anche Pavia, ostile non solo alla Camera a tre ma anche alla sede legale a Mantova. Nel 2021 era poi arrivato il ricorso al Tar del Lazio promosso dalla Camera di commercio di Pavia con associazioni di categoria e un’impresa contro la scelta di via Calvi come sede legale. Ma secondo i giudici amministrativi i ricorsi presentati erano «improcedibili» in quanto una legge del 2020 aveva sancito che, indipendentemente dalla localizzazione della sede legale, ogni Camera di commercio avrebbe mantenuto l’autonomia di tutti i servizi. Si arriva quindi all’appello presentato nel 2022 al Consiglio di Stato contro il verdetto del Tar del Lazio da parte dell’associazione commercianti della provincia di Pavia, Assolombarda, Coldiretti di Pavia e l’Industria laterizi vogherese contro l’ex ministero dello sviluppo economico, oggi si chi delle Imprese e del made in Italy, e Unioncamere.
La sentenza
Pubblicata l’8 marzo, la sentenza del Consiglio di Stato ha in sostanza confermato quella del Tar del Lazio sancendo che non c’è stata violazione del principio di leale cooperazione tra Stato e Regioni e che «la collocazione a Mantova della sede legale e, quindi, l’individuazione del luogo di identificazione legale nello spazio dell’ente - si legge nel verdetto - non è circostanza sufficiente a decretare un eccesso di potere nella complessiva scelta amministrativa compiuto, atteso che il nuovo assetto non comporta, la disattivazione delle sedi precedenti che risultano, quindi, operative, né elide le esigenze di partecipazione delle categorie produttive pavesi nel nuovo ente».
I prossimi passi
Cosa accadrà ora? «Il prossimo passaggio - spiega il commissario straordinario di via Calvi Carlo Zanetti -spetta al presidente della Regione con la firma del decreto di fusione. Dopo di che le associazioni di categoria delle tre province indicheranno i loro consiglieri che verranno nominati dalla Regione per poi procedere all’elezione del presidente». Presidente che, in base all’accordo a suo tempo sottoscritto tra Mantova e Cremona, dovrebbe spettare a quest’ultima.