«I laghi di Mantova in agonia, mobilitiamoci tutti»
Il Mincio è di tutti, è un bene comune di cui la cittadinanza deve prendersi cura perché, tra inquinamento e scarsità di acqua, si rischia di perderlo. Per questo il Tavolo del Mincio, costituito da 28 associazioni (niente partiti) ha messo in campo per i prossimi otto mesi una serie di iniziative scientifiche, culturali, sportive, turistiche e artistiche per far conoscere il fiume dei mantovani nella sue varie sfaccettature e, soprattutto, negli aspetti che non vanno, per spingere tutti a intervenire e cambiare il corso delle cose. «Se non faremo niente, gli scienziati ci hanno detto che tra quindici anni non ci sarà più il lago Superiore» ripete l’allarme Gilberto Venturini, uno dei sette membri della segreteria del Tavolo, il cui coordinatore è Andrea Fiozzi, presidente di Parcobaleno.
Situazione grave
Non è un caso che si parta dal lago Superiore per descrivere la situazione preoccupante in cui versa il Mincio: «Il libro bianco che di recente abbiamo pubblicato _ ricorda Venturini _ descrive una situazione tragica per le Valli del Mincio, più di tutti in pericolo». I responsabili si chiamano scarsità d’acqua, inquinamento, eutrofizzazione, agricoltura e allevamenti. Spiega Venturini: «I mali del Mincio sono ormai conosciuti. Il primo è che l’acqua è poca e il cosiddetto deflusso minimo vitale dal Garda non è sufficiente per garantire la vita del fiume e la necessaria depurazione delle zone umide. Il Mincio, poi, è molto inquinato dai reflui del depuratore del Garda che finiscono tutti lì. E poi c’è l’agricoltura, quasi totalmente nelle mani delle multinazionali e, quindi, a livello locale gli agricoltori fanno quello che possono. E così tante sostanze chimiche usate nei campi finiscono nel reticolato minore di fossi e canali alla destra del Mincio, che non è difeso dagli alberi e subisce l’erosione delle sponde. Basti pensare all’Osone e al Goldone e a tutto quello che trasportano: fango e solidi sospesi finiscono nel Mincio. I reflui della depurazione e le sostanze chimiche dei campi producono una forte eutrofizzazione: l’acqua diventa molto fertile e le piante acquatiche, spesso alloctone e infestanti, soffocano il fiume e lo portano progressivamente all’interramento»: un fenomeno che già si nota nelle Valli del Mincio dove i canali tra i canneti sono sempre più impercorribili. Bisogna, dunque, intervenire per invertire l’andazzo: «In concreto _ dice Venturini _ i consorzi di bonifica, una volta soddisfatte le esigenze degli agricoltori, non dovrebbero buttare via l’acqua ma reimmetterla nel Mincio. Gli stessi agricoltori dovrebbero essere più diligenti nel ridurre l’utilizzo di concimi chimici e nel prendersi cura dei fossi e delle loro rive. E bisognerebbe che si utilizzassero i reflui del depuratore del Garda come fertilizzante invece di buttarli tutti del Mincio: si può fare, come hanno dimostrato gli israeliani».
Difesa dal basso
Una situazione, quella descritta, che sottende una critica indiretta agli enti, soprattutto il Parco del Mincio, che dovrebbero occuparsi della tutela del fiume: «Il Parco spende un sacco di soldi, ma male» osserva Venturini. E allora, meglio che la difesa del Mincio parta dal basso. Vanno in questa direzione le circa trenta iniziative messe in campo da qui all’autunno per sensibilizzare l’opinione pubblica; la prima si è svolta l’altra sera a cura della comunità Laudato si’, con letture dedicate all’acqua, intervallate da brani musicali, «e vi hanno partecipato più di cento persone, segnale inequivocabile che il tema interessa» ricorda Venturini. «Organizzeremo serate per affrontare il tema dell’uso del Mincio per le attività del tempo libero e, quindi, della pesca, del turismo e della piccola navigazione. E ci occuperemo anche di biodiversità».