“Proporrò un cambiamento radicale in Ue. Serve l’ambizione dei fondatori”: il discorso di Draghi sembra un programma di governo
Parla di competitività, come da incarico. Ma a due mesi dalle elezioni europee e senza un candidato forte alla guida della prossima Commissione, il suo discorso farà contenti i tanti che da settimane hanno rilanciato il suo nome come papabile per guidare l’Ue, perfino con un manifesto. In effetti quando parla di “cambiamento radicale” e […]
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Parla di competitività, come da incarico. Ma a due mesi dalle elezioni europee e senza un candidato forte alla guida della prossima Commissione, il suo discorso farà contenti i tanti che da settimane hanno rilanciato il suo nome come papabile per guidare l’Ue, perfino con un manifesto. In effetti quando parla di “cambiamento radicale” e della necessità di avere “l’ambizione dei fondatori” fino alla necessità di procedere a braccetto anche sulla difesa e l’energia, le parole di Mario Draghi sembrano un programma di governo. Lo scorso settembe Ursula von der Leyen lo aveva incaricato di predisporre in tempi rapidi un rapporto sul futuro della competitività europea, ora l’ex presidente del Consiglio e della Bce ne anticipa i contenuti alla conferenza di alto livello sul pilastro europeo dei diritti sociali, organizzata dalla presidenza di turno Ue del Belgio.
“Abbiamo bisogno di un’Unione europea che sia adatta al mondo di oggi e di domani. Quello che proporrò nel mio report è un cambiamento radicale: questo è ciò di cui abbiamo bisogno”, ha esordito Draghi. “Credo che la coesione politica della nostra Unione richieda che agiamo insieme, possibilmente sempre. Dobbiamo essere coscienti che la coesione politica è minacciata dai cambiamenti del resto del mondo”, ha aggiunto sottolineando che ripristinare la competitività “non è qualcosa che possiamo ottenere da soli o gareggiando a vicenda” ma è necessario “agire come Unione europea in un modo che non abbiamo mai fatto prima”.
In questi anni, soprattutto dopo la crisi del debito sovrano, ha rimarcato l’ex numero uno della Banca Centrale, l’Europa “si è focalizzata sulle cose sbagliate”. Tradotto: “Ci siamo rivolti verso l’interno, vedendo i nostri concorrenti come noi stessi, anche in settori, come la difesa e l’energia, nei quali abbiamo profondi interessi comuni. Nello stesso tempo, non abbiamo guardato al di fuori” con sufficiente attenzione. La competitività esterna non è stata vista “come una questione seria” e “avevamo fiducia nell’ordine internazionale basato sulle regole, aspettandoci che gli altri avrebbero fatto lo stesso” ma “il mondo sta cambiando rapidamente e ci ha colti di sorpresa”.
E nel frattempo gli Stati Uniti “stanno utilizzando una politica industriale su larga scala per attrarre capacità manifatturiere nazionali di alto valore all’interno dei confini, compresa quella delle aziende europee, mentre l’utilizzo della protezione significa escludere i concorrenti e sfruttare il proprio potere geopolitico per riorientare e proteggere le catene di approvvigionamento”. Mentre la Cina “mira a catturare e internalizzare tutte le parti della catena del valore nelle tecnologie avanzate e pulite e ad assicurarsi l’accesso alle risorse necessarie. Questa rapida espansione dell’offerta sta portando ad una significativa sovraccapacità produttiva in più settori e minaccia di minare le nostre industrie”. Una postura che “nel peggiore dei casi”, ha sottolineato Draghi, può “renderci permanentemente dipendenti da loro”.
I “nostri rivali”, ha sintetizzato, “marciano su di noi” e questo rende necessario ridefinire l’Unione Europea con “l’ambizione dei fondatori”. Tra le proposte concrete di Draghi c’è anche quella di un “nuovo strumento strategico” per il coordinamento delle politiche economiche così da “garantire la coerenza tra i diversi strumenti politiche”. Ma se “dovessimo scoprire che ciò non è fattibile, in casi specifici, dovremmo essere pronti a considerare di procedere con un sottoinsieme di Stati membri”, ha sottolineato. “Ad esempio, una cooperazione rafforzata sotto forma di un 28° regime potrebbe essere una via da seguire per la unione del mercato dei capitali per mobilitare gli investimenti”.
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