Cisint: «Quei due luoghi come moschee in barba al Piano regolatore e ai veti dei giudici»
MONFALCONE Si sono «trasformati in moschee luoghi che a questo fine non possono essere utilizzati». E ciò è avvenuto con «un comportamento arrogante», cioè «ignorando ogni forma di legalità e rispetto», nonché «gli stessi pronunciamenti del Consiglio di Stato».
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È la riflessione della sindaca di Monfalcone, Anna Cisint, sulle celebrazioni che hanno contrassegnato la fine del Ramadan ad Aris e in centro. Festa, per la cronaca, che ha coinvolto a spanne tremila persone, un migliaio in più di quelle confluite a Trieste, dove il Comune ha lì messo a disposizione, da consuetudine, uno degli impianti più attrezzati: il campo del San Luigi Calcio. Sostiene dunque Cisint che «la libertà di culto, quando diventa un esercizio collettivo, deve essere praticata in ossequio alla legge e all’ordine pubblico». Invece «l’ex sede dell’Hardi e i due centri islamici non hanno i requisiti urbanistici e di incolumità pubblica richiesti». Di conseguenza «i monfalconesi hanno dovuto subire pesanti disagi, inaccessibilità di marciapiedi e vie, problemi di ordine pubblico frutto di un comportamento che non rispetta norme e sentenze, non giustificabile né accettabile».
[[(Video) In tremila celebrano la festa di fine Ramadan a Monfalcone]]
Gli afflussi maggiori si sono registrati in via Primo maggio. Il traffico, almeno dalle 8.45 alle 11, non ha visto una gestione dei flussi viari da parte della Municipale. C’era invece, appunto per garantire il sereno svolgimento dell’evento sotto il profilo dell’ordine pubblico, il personale in borghese della Digos, coordinato dai vertici della Polizia di Stato. «Il Ramadan – conclude Cisint – s’è trasformato nell’ennesima volontà d’imporre pratiche di islamizzazione che dobbiamo contrastare: minacciano di compromettere i valori su cui si basa il convivere civile. Non è in gioco il diritto alla preghiera, ma lo Stato di diritto. La legge coranica, prevale sempre sull’ordinamento, pure negli aspetti più crudeli dell’ignobile trattamento delle donne musulmane, fino al sacrificio estremo subito dalle minori se si ribellano a sopraffazioni patriarcali o unioni forzate».